Venerdì 10 ottobre si terrà un convegno sulla democrazia digitale.
Non ho una idea molto chiara di cosa sia la democrazia digitale, e a quanto pare non ce l’hanno neppure gli organizzatori, disposti a dare accoglienza a qualsiasi contributo.
Democrazia analogica
Perché le presidenziali americane si terranno proprio il 4 novembre, ossia il giorno dopo il primo lunedì di novembre? Perché non votare, ad esempio, in una domenica di febbraio?
A quanto pare, il giorno venne scelto, molti anni fa, per banali questioni logistiche: novembre è un mese relativamente tranquillo per l’agricoltura, il settore che all’epoca impiegava più persone, ed era quindi facile lasciare il lavoro per il tempo necessario a raggiungere il luogo di voto.
Oggi tutto ciò è anacronistico, e non solo perché esistono le auto, che permettono spostamenti lunghi e rapidi, e neppure perché la maggior parte delle persone vive in città: è possibile (in teoria, ma prima o poi lo sarà anche in pratica) votare da casa via internet, registrandosi sul sito del proprio collegio elettorale.
È questa la democrazia digitale? Se sì, si tratta di un miglioramento, non certo di una rivoluzione.
Democrazia digitale
Che cosa è la democrazia, digitale o analogica che sia?
Letteralmente, il governo del popolo.
Se vogliamo tenere ferma questa definizione, temo non ci siano spazi per rivoluzioni che riguardino la democrazia: solo riforme, più o meno moderate, ma niente rivoluzioni.
Se invece siamo disposti, in linea teorica (per quanto riguarda la pratica, qui, non so bene cosa augurarmi), a rinunciare alla definizione letterale, allora qualche spazio di manovra, forse, c’è.
La democrazia è, semplicemente, il miglior sistema di governo che c’è, quello che riesce meglio a far sì che le decisioni collettive siano intelligenti o almeno non proprio stupide. Questo avviene grazie a due meccanismi: innanzitutto la limitazione del potere (ci sono molti limiti a quel che un governo può fare, a partire dal banale limite temporale della durata del mandato); in secondo luogo, grazie al giudizio dei cittadini.
Non è che funzioni proprio benissimo: il giudizio degli elettori è spesso basato su questioni che non hanno nulla a che fare con le buone scelte, e i limiti imposti possono venire, di fatto, ridimensionati. Non funziona benissimo, ma le alternative hanno prestazioni ancora peggiori, e ci si accontenta.
Una democrazia digitale potrebbe, forse, fare di meglio, e riuscire davvero a selezionare le argomentazioni intelligenti, lasciando da parte quelle stupide. Perché contare le teste è sicuramente meglio che romperle, ma ancora meglio è confrontare le idee e scegliere la migliore, indipendentemente dal numero di teste coinvolte.
Si tratta di creare la famosa intelligenza collettiva, intelligenza che non è detto sia democratica nel senso classico del termine.
È possibile tutto ciò? (E, soprattutto, è auspicabile?)
Il problema per me è sapere chi stabilisce, chi “crea” questa intelligenza collettiva. Noi piccoli giunchi pensanti che scribacchiamo su questi schermi digitali? Se così fosse e se questo determinasse una piccola variazione e quindi evoluzione (in meglio?) a quel ferrovecchio della democrazia, allora si potrebbe rischiare.
P.S.
A Bergamo ti prego di salutarmi, sia pure con un piccolo applauso, il caro, mitico Dan.
Mi pare una definizione molto limitata di democrazia, ma questo lo sapevi già.
Soprattutti, non credo colga l’essenziale per l’argomento che tratti.
Governo del popolo…
Il popolo che governa– è stato osservato più volte- non è il popolo governato.
Democrazia è il governo di tutti su ognuno, non di tutti di tutti.
Ora, quei “tutti” non possono essere una calca che si muove contro il singolo e dunque è altro.
“Popolo che governa” ossia i “tutti” mi paiono piuttosto una forma concisa anziché “interessi nazionali e dei singoli curati e trattati nelle istituzioni”, nulla più.
Tu parli di voto e di partecipazione, se capisco, e ti chiedi come i mezzi digitali possano migliorare le nostre “scelte”.
Ricordo innanzitutto che la maggior parte della vita politica non è il voto, ma lo precede( o se ne tiene alla larga, non do giudizi ).
Inoltre nel voto c’è 1) una parte di delega, che non è in bianco e 2) una di legittimazione.
La delega attribuisce ad altri nostre facoltà, la legittimazione dà assenso a strutture e poteri che prima non c’erano, perché lo Stato per il 50% è innovativo rispetto alla società e ai singoli.
Di scelte specifiche, solo vaghe traccie.
Raramente gli elettori operano scelte, e neppure scelgono gente che scelga per loro.
Piuttosto legittimiamo gruppi organizzati e leadership.
La concorrenza tra leadership e gruppi è parte dell’autocontrollo della democrazia che tu dici, ma è un controllo parzialmente ESTERNO alla politica democratica, perché di rado quella è politica.
E’ noto, i leader costituiscono il gruppo, permettono la coesione, mediano, danno forza persuasiva e retorica alle idee, mentre il lavoro vero accade nelle retrovie.
Non è un mistero, per dire, che Letta conti più di Berlusconi.
Allora mi chiedo… nella penombra il sindacalista, l’esperto fiscale, quello che tiene i fili con il mondo scolastico o operaio, il costruttore di consensi nelle fabbriche, quello che cerca di recepire le necessità dei gay o degli industriali, il capo di un think tank hanno sempre avuto reti di informazioni e hanno sempre fatto scelte ponderate. I mezzi digitali li facilitano, ma niente più: dov’è la rivoluzione?
ciao! Eno
La dico più corta.
E’ una figata poter seguire i lavori delle commissioni parlamentari da casa e sfogliare i quotidiani al mattino, trovare un quintale di e-book di teoria politica, vedere l’organigramma dei partiti e le loro iniziative.
In misura minore, però, lo facevo anche prima di internet.
Cmnq se non vedo i problemi di persona, se non discuto a quattrocchi, potrei saperne un mucchio di sistema burocratico ma nulla di politica.
E le scelte elettorali le faccio con altri criteri…
@Luca: In teoria, molto in teoria, non dovrebbe essere importante il chi, ma il cosa. La democrazia, per come è intesa qui, è un mezzo che può essere sostituito con un altro mezzo, non un fine, che è il buon governo.
A scanso di equivoci: un buon governo è, secondo me, liberale, nel senso che garantisce determinate libertà ai cittadini: non sto pensando a stati dittatoriali.
@eno: E adesso, a quale versione devo rispondere, alla breve o alla lunga? 😉
Comunque, non ho molto da rispondere. I mezzi digitali possono migliorare i processi politici, come in passato li hanno migliorati il telefono e la radio. Niente rivoluzioni, sono d’accordo.
Ma io immagino un sistema di democrazia digitale che sopprima il voto, i partiti, le lobby eccetera come adesso li intendiamo, e li sostituisca con qualcosa di diverso e più funzionale.
Durante il convegno, Gino Roncaglia ha messo in evidenza che la scrittura delle leggi è essenzialmente un lavoro editoriale di produzione di testi, e come tale potrebbe avvalersi, ad esempio, degli strumenti di wiki. È un esempio, ovviamente.
Forse non può funzionare, forse può funzionare ma è meglio che non funzioni perché pericoloso; non è questo il punto, il punto è che sarebbe una vera rivoluzione; forse non sarebbe più democrazia, o una diversa definizione di democrazia.
La democrazia è, semplicemente, il miglior sistema di governo che c’è, quello che riesce meglio a far sì che le decisioni collettive siano intelligenti o almeno non proprio stupide.
Mi pare un’analisi molto superficiale. Un’analisi attenta produce una conclusione esattamente opposta.
Vedi punto B, alla fine di questo post.
@Maurizio: Riformulo: La democrazia è il miglior sistema di governo che c’è – escludendo utopie e ucronie.
Non so perché, ma penso che non ti andrà bene neppure questa riformulazione… 😉
Sollevi una questione interessante. In che senso utopia?
Mi spiego: si potrebbe sostenere che l’anarchia di mercato (o democrazia di mercato) sia il sistema _meno_ utopistico, perché è l’unico con gli incentivi giusti per poter funzionare. Mentre l’utopia vera potrebbe essere pensare che la democrazia possa funzionare, dato che gli incentivi giusti per ottenere il risultato desiderabile non possono essere prodotti. Quindi cosa è più utopistico? Credere in un sistema che non può funzionare, o in uno che può funzionare ma che potrebbe essere irraggiungibile?
@Maurizio: Utopia nel senso, banale, che nella storia si sono succedute oligarchie, democrazie, monarchie, plutocrazie eccetera; anarchie di mercato, manco una (salvo, forse, qualche eccezione non significativa per durata o estensione).
La democrazia si è mostrata, nella pratica, migliore delle altre (migliore delle altre, non perfetta in assoluto).
In poche parole: la democrazia funziona, l’anarchia di mercato, nel mondo reale, non ha mai funzionato (il che, ne convengo, non significa che non funzionerà mai o che è impossibile che funzioni).
anarchie di mercato, manco una (salvo, forse, qualche eccezione non significativa per durata o estensione).
Ma l’anarchia di mercato in Islanda è durata più di 300 anni. Un tempo più lungo di quanto sia durata la democrazia.
La democrazia si è mostrata, nella pratica, migliore delle altre
Mi chiedo come sei giunto a questa conclusione, dato che ci sono argomenti convincenti che persino la monarchia è migliore della democrazia. (Il sovrano ha incentivi migliori dei politici, specialmente incentivi a tener conto anche del bene a lungo termine del paese.)
@Maurizio: Non ho fatto studi comparati approfonditi, che sicuramente sarebbero utili e interessanti. Mi sono limitato alla constatazione che le democrazie liberali occidentali, al momento, sono le nazioni “vincitrici”, quelle più avanzate e ricche.
La faccenda dell’Islanda non la sapevo.
In pratica c’è un filosofo (tale Hoppe) che ha un argomento secondo me forte: dice che in monarchia, al contrario della democrazia, c’è un limite molto importante alla vessazione che il sovrano può imporre ai sudditi; cioè c’è un limite all’impoverimento che il sovrano può imporre al paese; il motivo è che la terra è sua; quindi se il paese diventa più povero il valore della sua terra diminuisce. Quindi non vorrà imporre leggi che impoveriscono il paese fino a minarne la produttività. Questi incentivi per i politici non ci sono. Ad esempio, un politico ha incentivo a imporre un dazio, il sovrano no.
Questo argomento si trova nel libro “democrazia: il dio che ha fallito”, che sinceramente mi ha spiazzato quando l’ho letto.
( Faccio sommessamente presente che democrazia non è il contrario di monarchia.
Per la lex regia de imperio, il re traeva la sua autorità dal popolo, anche se in modo diverso da una repubblica in senso lato.
E in senso stretto, neppure repubblica è il contrario di monarchia: la repubblica è un regime di participazione collettiva alla cosa pubblica, allo stato, ai diritti.
Nulla esclude la monarchia.
Solo l’assolutismo è il contrario di repubblica.
Tuttavia non cozza sempre con la democrazia: una dittatura della maggioranza può essere democratica. )
@eno: Uff, che pignolo! 😉