Dal pater familias al mammo


Segnalazione.

Ricchissima è la letteratura sul rapporto madre-figlio. Molto più scarsa quella sulla relazione tra un padre e la sua prole. Elemento di spicco nell’organizzazione della famiglia e della società, un padre oggi deve necessariamente ripensare il proprio ruolo, a cavallo tra due opposti eccessi: essere assente o diventare un “mammo”, un surrogato della presenza femminile.
Quella della paternità è una questione complessa e sfaccettata, non riducibile a questi pochi cliché. Per questo Maurizio Quilici, giornalista che da anni si occupa dell’argomento e presidente dell’Istituto di Studi sulla Paternità, ha analizzato più di quattromila anni di storia alla ricerca dei diversi significati che la figura paterna ha assunto nel tempo: dalla mitologia greca al ruolo misterioso che ricopriva nella cultura etrusca, dalla centralità nell’antica Roma alla modificazione della sua funzione sociale col cristianesimo, dalla nuova educazione illuminista alla nascita della psicoanalisi e del “complesso di Edipo”, fino alla seconda metà del Novecento con le contestazioni giovanili, l’emancipazione femminile e la recente “rivoluzione paterna”.
Un viaggio appassionate e singolare nella tradizione culturale europea, raccontata dalla parte del capo-famiglia: a volte affettuoso genitore, altre padre-padrone, complice o antagonista dell’altra metà del cielo. Ma sempre – per assenza o eccessiva presenza – una figura fondamentale con cui fare i conti.

Maurizio Quilici, Storia della paternità. Dal pater familias al mammo.

Recensione quando riceverò il libro.

Pubblicato nella rubrica Spilli

12 commenti su “Dal pater familias al mammo

  1. Qualche cos’altro (oltre al libro) in arrivo?
    Forse il famoso giorno in cui andrai al colloquio con gli insegnanti potrebbe essere meno lontano di quanto dicevi…
    Un Sorriso
    P.S. in tal caso infinite congratulazioni

  2. > Maurizio Quilici ha analizzato più di quattromila…

    famiglie?
    rapporti padre-figlio?

    no. anni di storia. ci voleva una bella dissertazione dottorale sulla Storia del Rapporto tra Padre e Figlio.

    come siamo tremendamente europei.

  3. @tomate: In generale non sono contrario all’approccio storico: lo trovo interessante e utile per mettere i fenomeni attuali in prospettiva.
    Poi bisogna vedere se il libro pretende di capire la paternità (e risolvere eventuali problemi legati alla paternità) semplicemente con quattromila anni di storia…

  4. Pingback: Fahreunblog
  5. sfrutto l’occasione per sviscerare un mio pensiero ricorrente.

    io sono sempre molto scettico. ho vissuto una fase critica della mia formazione adolescenziale negli States, e pur arrivando a livelli allarmanti di insofferenza (lì mi sono messo a leggere Marx, Nietzsche et al., e mi sono professato avventatamente ateo, anarchico, comunista, nichilista etc.) ho comunque riconosciuto lo stampo delle loro idee più radicali, che sono fresche, pragmatiche, e, con un po’ di retorica, libere dal fardello di 2000+2000 anni di storia.

    noi siamo ossessionati dalla storia, e questo ci impedisce spesso di elaborare nuovi paradigmi. ad esempio nuove ideologie (questa parolaccia!): tutte le nostre interpretazioni della vita sociale sono o versi siolti (v. Walter) oppure saldamente legate ai precetti marxisti. pensa anche al dialogo tra sordi Naomi Klein / Toni Negri.

    la paternità è un argomento su cui ci potrebbero essere un sacco di considerazioni nuove e intelligenti da fare semplicemente guardandosi intorno con aria investigativa, curiosa e propositiva. lo dico da padre, da “attivista” nel campo. certo, poi concluderemmo che le stesse cose le aveva già dette Aristotele o Platone. ma l’importante è riscoprirle da sè.

    ciò non toglie che giudico i libri solo dopo averli letti.

  6. @tomate: Quello che dici è vero. Come è vero che ignorando completamente la storia si rischia di commettere gli stessi errori.
    La virtù sta tra due eccessi: lo riscopriamo adesso, ma sarebbe bastato leggere Aristotele.

  7. ivo,
    invece no, non sarebbe bastato leggere aristotele. perche’ le cose non le si capiscono finche’ non le si riscoprono indipendentemente

  8. Caro tomate, lo studio e l’analisi del passato è essenziale per affrontare il presente (almeno dovrebbe esserlo per impedirci di fare gli stessi errori). Per esempio l’idea aristotelica che la virtù sta nel mezzo e che da quando è stata accolta ha già provocato enormi danni, potrebbe essere sostituita con l’idea platonica che la virtù sta solo nel meglio, cioè nel bene (e non fra il meglio e il peggio). Come vedi la storia offre sempre innumerevoli esempi da prendere in considerazione.

  9. Maurizio Quilici è presidente dell’Istituto di Studi sulla paternità e da 20 anni si occupa del rapporto padre-figlio dopo essersi laureato in giurisprudenza con la testi in criminologia sugli effetti della deprivazione paterna. Questa è la risposta a Ivo Silvestro nel post 5.
    Vi do un link interessante : http://www.ispitalia.org.

    Ciao e buona lettura …

  10. @tomate: E perché la scoperta indipendente non può avvenire leggendo Aristotele?

    @Marinella: Grazie per le integrazioni. Non ho capito perché sarebbero una risposta al mio commento #5, ma direi di parlarne quando mi arriverà il libro e lo leggerò.

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