Come una volta

L’altro giorno ero a XXXX per assistere alla presentazione di un libro.

Dopo la presentazione e una pizza con alcuni amici, sono andato in stazione per prendere il treno che mi avrebbe riportato a casa.
Lungo la strada mi sono fermato in una gelateria per commettere un piccolo peccato di gola.

La gelateria si vantava di fare “il gelato come una volta”. Mi chiedo “una volta” quando: venti anni fa? Quaranta? Cento? Per raffreddare il gelato usano blocchi di ghiaccio provenienti dalle Alpi, come si faceva, appunto, una volta?
Leggendo i grossi tabelloni posti dietro il bancone, scopro che utilizzano solo ingredienti naturali: latte di alta qualità, uova biologiche e acqua di montagna. Montagna che si trova in Piemonte: chissà se la trasportano “come una volta” o se utilizzano dei moderni camion.

Gustato il gelato (buono, anche se troppo sciolto per i miei gusti, mancando così il quinto punto della corretta arte di servire il gelato) vado in stazione e salgo sul treno.
Poco dopo sulla mia stessa carrozza salgono due ragazzi che, se non fossi una persona allergica ai pregiudizi, definirei persone poco raccomandabili.
Lei si lamenta della sporcizia dei treni. Lui ribatte che è vero, anche se il treno sul quale aveva dormito la notte prima era molto pulito. In nome della mia allergia ai pregiudizi, ho subito pensato a un lungo viaggio su un treno notte ma, quasi a leggermi nella mente, ecco che il ragazzo precisa che il treno era fermo in un deposito e il guardiano, molto gentile, aveva chiuso un occhio sulla sua presenza.

Esaurite le lamentele ferroviarie, il discorso è andato sulla coca, e qui la mia allergia ai pregiudizi non ha potuto fare nulla, e non ho pensato neppure per un istante alla popolare bevanda gassata.
Non si trova più la coca di una volta, si lamentava il ragazzo: oramai solo porcate chimiche.

Questa nostalgia per il passato, quando era tutto naturale e la chimica non esisteva (e dire che Lavoisier è vissuto nel ‘700, il che costringe a retrocedere di non poco quel “come una volta”), è universalmente diffusa.

8 commenti su “Come una volta

  1. Il metodo migliore (e più facile) per conservare la spatolabilità e il buono stato del gelato è utilizzare le cosiddette “basi”, polveri (industriali) utilizzate dalla quasi totalità delle gelaterie “artigianali”. Nei casi estremi (cioè dove il supporto delle aziende produttrici di tali preparati è massiccia), la capacità richiesta al “gelatiere” consiste nel tagliuzzare un po’ di frutta e nel muovere bene la vaschetta al momento della fuoriuscita dai mantecatori del prodotto finito, così da creare delle belle forme.

    Alla fine, è una questione di uso delle parole e delle definizioni, come spesso accade.

  2. Ehi, non credevo che la corretta arte di servire il gelato sarebbe diventato un testo di riferimento… 🙂

  3. Stabilire il “quando” di «come una volta»: questo sì sarebbe utile sapere. Già, perché dal dopoguerra agli anni ottanta, prima di una vera e propria attenzione medica e culturale agli alimenti (sempre che ne abbiamo acquisita una, va da sé), chissà cosa abbiamo mangiato e bevuto, chissà quali omogeneizzati, quale latte, quali gelati abbiamo mangiato. Basti pensare alle tracce di ddt riscontrate, in qualche caso, nel latte materno (vedi questa «Piccola storia del DDT»)
    http://www.ambra.unibo.it/main/index.php?id_pag=120

  4. @Marcoz: Polverine e parte, potrebbero abbassare un po’ la temperatura del congelatore (o farsi portare un po’ più di ghiaccio dalle Alpi, se fanno tutto come una volta)

    @zar: Per me è il testo di riferimento. Purtroppo non ho ancora trovato una gelateria che soddisfi tutti i punti 🙁

    @luca massaro: Eh, neanche i veleni sono più quelli di una volta!
    Grazie per il link, sembra molto interessante.

    @juhan: Coppetta?
    Fingo tolleranza e rispondo al commento, ma sappi che sei nella mia lista nera! 😉

  5. @ ivo: Manco da Roma da un po’ troppo tempo, ma il riferimento rimane per me una gelateria in via Uffici del vicario. Sarà per l’ambientazione e la vicinanza a luoghi che lo rendono ancora più godibili (es. il Pantheon) ma il ricordo è per me indelebile. Tornando sulla terra, in generale le gelaterie emiliane non lasciano desiderare, recentemente ho rivalutato le torte gelato che fondamentalemente, almeno per quello che ho potuto gustare sono modalità artistiche di confezionamento, con forme sfiziose partendo dagli animali (imperdibile il topo di gelato) fin dove la fantasia porta il gelataio. Non potendomi aggirare per monumenti e vicoli incantevoli tanto vale sedersi e mangiare al tavolo. per quanto riguarda l’esaltazione del c’era una volta, supporrei che il prossimo obiettivo doevrebbe essere il Non c’è più il c’era una volta di un tempo 😉

  6. @juhan: mi ricorda una frase che ho visto su una maglietta: “non c’e’ piu’ l’entropia di una volta” 😀 (ma la capisce solo chi conosce la termodinamica 😉 )

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