Chiaro e semplice

Josef Albers dedica uno dei suoi esercizi per imparare a vedere (Interazione del colore, edito dal Saggiatore) alla critica dell’affermazione che «più la forma di una lettera è semplice, più è semplice la sua lettura», affermazione che, secondo Albers, è purtroppo divenuta un dogma del nascente costruttivismo (l’edizione originale del testo è del 1963) e di alcuni tipografi modernisti, che prediligono ai caretteri con le grazie, i sottili tratti ornamentali che sporgoni dalle aste, quelli privi (i cosiddetti bastoni).

A questo principio oppone due semplici osservazioni. La prima è che noi non leggiamo lettere bensì parole, o meglio parole–immagini. La seconda, e ben più interessante, obiezione è che ad aumentare la leggibilità non è ciò che è semplice, ma ciò che è chiaro: «più le lettere sono diverse le une dalle altre, più semplice è la loro lettura» (p. 19 trad. it.).
Le lettere maiuscole sono quindi più difficili da leggere di quelle minuscole, proprio a causa del loro assomigliarsi (solitamente, hanno tutte la stessa altezza e larghezza), e lo stesso, secondo Albers, dovrebbe valere per i graziati rispetto ai bastoni.
In realtà non sempre i graziati sono più chiari dei bastoni: per convincersene, è sufficiente guardare le tre lettere maiuscolo C, G ed O (maledettamente simili) riprodotto con vari caratteri: gli ornamenti a volte appesantiscono e rendono difficile la lettura.

C - G - O

Il principio di Albers rimane comunque valido: la comprensibilità non è legata solamente alla semplicità, ma anche e soprattutto alla chiarezza, ossia alla visibilità delle differenze.
E questo vale non solo per i caratteri a stampa, ma anche per i discorsi: se vogliamo farci capire, più che semplificare i nostri discorsi può essere utile accentuare le differenze tra noi e chi non la pensa come noi.

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