Civiltà della carta

Difficile dire con esattezza che cosa, della nostra strana civiltà occidentale di inizio millennio, colpirà un eventuale storico di una altrettanto eventuale civiltà futura.
Forse il futuro studioso del proprio passato, ossia il nostro presente, sarà stupito dalla quantità di informazioni che avrà a sua disposizione. Se i suoi colleghi storici hanno il problema di cercare informazioni, lo studioso di questo scorcio di inizio millennio avrà il problema di selezionare. Continua a leggere “Civiltà della carta”

Il libretto delle istruzioni

Il libretto delle istruzioni è quel simpatico fascicolo, che a volte assume le sembianze di un vero e proprio libro se non di una enciclopedia neppure tascabile, nel quale sono racchiuse le modalità di utilizzo di svariati oggetti come lavatrici, automobili, radio, computer, rasoi elettrici e così via.
L’idea è semplice: una persona potrebbe non sapere come utilizzare questi oggetti, e quindi si fornisce la possibilità di ovviare a questa mancanza attraverso una rapida lettura.

C’è una difficoltà pratica: sulle istruzioni è possibile leggere tutto ciò che è ovvio (ad esempio che è necessario collegare il rasoio elettrico alla corrente) ma non ciò che non è ovvio (ad esempio che, se non si ruota di trenta gradi la vite nascosta nel vano batteria, si prende la scossa).
A questa incresciosa situazione, alla quale sembra non esservi via d’uscita non esistendo ancora manuali per scrivere manuali intelligenti ed utili, si aggiunge una curiosa osservazione teorica: in quali casi non vi sono libretti delle istruzioni, e non si cercano nemmeno? Continua a leggere “Il libretto delle istruzioni”

Prova d’orchestra

Per Sartre l’opera d’arte è un irreale. Così il filosofo francese si esprime in Immagine e coscienza (Conclusione, II – L’opera d’arte).
Irreale perché il soggetto estetico non esiste: di un quadro sono reali “i risultati delle pennellate, la preparazione della tela, la sua grana, la vernice passata sui colori: tutte cose che non costituiscono affatto oggetto di valutazione estetica”.
Sartre è qui terribilmente platonico, e infatti poco dopo rispolvera l’idea platonica di bello: “ciò che è bello, invece, è un essere che non potrebbe darsi alla percezione e che, nella sua stessa natura, è isolato dall’universo”.

Ovviamente non sono solo i dipinti, o meglio il bello dei dipinti, ad essere irreali: anche le cattedrali e le composizioni musicali, o meglio il bello delle cattedrali e delle composizioni, sono irreali. Continua a leggere “Prova d’orchestra”

L’amore e i suoi nemici

Secondo il dizionario dei sinonimi e contrari, l’opposto dell’amore è l’odio.
Corretto, ma incompleto: l’amore è un sentimento che riempie non solo l’amato, ma anche l’amante. L’odio invece è focalizzato esclusivamente verso l’odiato, senza riuscire a riempire o consolare l’odiante.
L’indifferenza è un altro sentimento a volte indicato come contrario all’amore. Ma l’indifferenza, se proprio deve essere il contrario di qualcosa, lo è di ogni sentimento, non solo dell’amore.

Il miglior candidato come contrario dell’amore è la paura. Solo chi non ha paura può amare. Chi, invece, è dominato dalla paura, non può amare: per lui non vi sono amici, ma solo nemici.

Strani giorni

Intorno al 1830, Arthur Schopenhauer scrisse alcune osservazioni sulla dialettica. Il testo, pubblicato solo dopo la morte del filosofo, venne tradotto in italiano nel 1991 da Adelphi con il titolo di L’arte di ottenere ragione.

Il significato del titolo, anche se postumo, non è da sottovalutare: per un contemporaneo di Hegel la dialettica non è e non può essere semplicemente arte di discutere e di ottenere ragione. Schopenhauer introduce una distinzione, adesso ovvia e pacifica, tra avere ragione e ottenere ragione. Si può essere nel giusto senza che il pubblico se ne accorga, e si può avere torto nonostante l’approvazione dell’uditorio.

Il titolo specifica che, quella di ottenere ragione, è un’arte. Non una mera tecnica, una abilità qualsiasi, ma una arte che richiede maestria e allenamento. Purtroppo, nel leggere certi testi e commenti, si ha l’impressione che questa arte sia oramai ridotta al semplice meccanismo di insultare l’avversario. Strani giorni.

L’ombelico

Rispondere alla domanda “chi sono io?” è difficile, e di questo si è già scritto. Ma è forse ancora più difficile cercare la risposta alla domanda “chi siamo noi?”.
Scomponendo la domanda, si isolano due questioni distinte, due diverse difficoltà: una più teorica che pratica, l’altra più pratica che teorica. Continua a leggere “L’ombelico”

Luce e ombra

L’oscurità nasconde: non sappiamo cosa c’è all’interno di una stanza buia. Qualsiasi cosa si trovi al suo interno, non viene vista, non è possibile conoscerla. Ma basta accendere la luce, illuminare il locale, perché tutto risulti chiaro e comprensibile.
Questo semplice evento è forse la migliore illustrazione della potente e diffusa metafora della luce come conoscenza contrapposta all’oscurità come ignoranza.

Platone è forse il primo ad utilizzare questa potente immagine evocativa: nel mito della caverna (Repubblica, libro VII), la fonte della conoscenza è appunto la luce, la brillante e purtroppo lontana luce del fuoco. Senza questa luce, che è l’idea del bene, gli uomini incatenati vivrebbero nell’oscurità completa, non vedrebbero e non conoscerebbero nulla; grazie ad essa vedono e conoscono, anche se, per colpa delle catene, la loro vista è limitata alle ombre, insoddisfacente via di mezzo tra la luce diretta e l’oscurità totale. Continua a leggere “Luce e ombra”

Dolore mor(t)ale

Se, come molti sostengono, i concetti di giusto e sbagliato, di bene e male, derivano e sono riducibili al piacere e al dolore, alle sensazioni piacevoli e a quelle fastidiose, questo semplice e banale fenomeno risulta inspiegabile.
Un piccolo taglio sul dito riceve più attenzione della morte di più mille persone dall’altra parte del pianeta. Il vago sentimento di sconvenienza che accompagna questa constatazione è forse un indizio che piacere e dolore non sono tutto, nella vita.

Mostra e dimostra

Quando si vuole dimostrare l’esistenza delle idee, si ricorre quasi sempre al teorema di Pitagora. Il ragionamento, grosso modo e in forma vagamente sillogistica, è il seguente: il teorema di Pitagora è sempre vero, anche se si pensa ad altro o se si crede nella sua falsità; il teorema di Pitagora è sempre vero, anche senza registrazioni su un supporto fisico; ciò che esiste indipendentemente dal pensiero ha realtà oggettiva; ciò che esiste indipendentemente da ogni supporto fisico è ideale; il teorema di Pitagora è quindi oggettivo e ideale; il teorema di Pitagora è una idea in senso platonico.

Tutto corretto. Ma il discorso si esaurisce qui? Immaginiamo una lezione di geometria. Continua a leggere “Mostra e dimostra”