Ashley

Ashley è una bambina di tre mesi, o meglio di nove anni.
La prima età è quella mentale, la seconda fisica: a causa di una encefalopatia di origine sconosciuta, non vi è praticamente stato alcuno sviluppo psichico, mentre il corpo non presenta problemi. Giusto per inquadrare bene la situazione, Ashley «non è in grado di tenere sollevata la testa, di cambiare posizione mentre dorme, di tenere in mano un giocattolo, mettersi a sedere, parlare, camminare, o alimentarsi autonomamente» (Giuseppe Regalzi su Bioetiche).

I genitori di Ashley hanno deciso, semplificando una questione in realtà molto più complessa, di cercare di bloccare la crescita fisica della figlia, con il fine dichiarato del benessere della piccola (per ulteriori dettagli si rimanda al giò citato articolo di Bioetiche). La scienza medica permette anche questo.
Il problema non è, ovviamente, solo medico. Prima di procedere, i genitori hanno consultato il comitato etico dell’ospedale e hanno recentemente aperto il sito The “Ashley Treatment”, nel quale raccontano le proprie esperienze.

Questa esperienza solleva, secondo me, tre domande distinte. Credo sia importante tenere le domande ben distinte e affrontarle con la dovuta serenità.

Prima domanda: cosa farei io al posto dei genitori di Ashley?
La mia risposta è: non lo so. Ho il sospetto che nessuno sia in grado di rispondere, a parte i genitori di Ashley.

Seconda domanda: la scelta fatta è, in una qualche maniera, dannosa o pericolosa per la piccola, e andrebbe pertanto condannata o proibita?
Non ho le competenze necessarie per rispondere, ma da quel che capisco, la risposta è no.
È importante tenere ben separata questa domanda da quella precedente: avere una opinione diversa non è un buon motivo per interferire nelle scelte altrui. Si può non condividere la scelta dei genitori di Ashley, ma per condannare tale scelta occorrono motivazioni ben più solide.

Terza domanda: alla luce di questi avvenimenti e delle (relativamente) nuove possibilità che offre la scienza medica, come bisogna rivedere i concetti di persona, di naturale e di artificiale?
Direi che indubbio che casi come questo rendono l’idea che abbiamo di questi concetti, se non obsoleta, almeno inadatta. Occorre un lavoro, che definirei filosofico, di revisione di queste categorie del pensiero.

Non ho seguito attentamente il dibattito che è sorto, ma mi sembra che le prime due domande vengano immancabilmente fuse insieme, come se la legge servisse ad imporre i gusti e le preferenze dell’opinionista di turno, e soprattutto che alla serie riflessione su come pensare questi eventi si sostituisca un anacronistico grido d’allarme contro la scienza e la tecnica, viste come nemiche dell’uomo e della natura. Come se il problema fosse il medico o i genitori di Ashley, e non la felicità della bambina.

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