Antropologicamente non siamo in grado…

Antropologicamente non siamo in grado di produrre una siffatta logica di pensiero.

Una simile affermazione sui limiti antropologici dell’umana razionalità non può che catturare l’attenzione: si è raggiunto il limite, si è tracciato un confine della ragione, si è trovata una logica di pensiero non producibile dall’uomo. Si tratta di una scoperta, filosoficamente parlando, notevole. Non un semplice nonsenso, non una banale contraddizione, ma una logica non producibile, qualcosa di ancora più astruso della logica fuzzy, qualcosa che renda la meccanica quantistica banale.
Avidamente, si continua la lettura: cresce la curiosità, si vuole sapere quale logica non siamo antropologicamente capaci di produrre.

La risposta lascia un po’ spiazzati: «per raggiungere un fine si utilizza un mezzo che nega non solo il fine ma il soggetto stesso che ricerca il fine».
Cosa ci sia di non producibile in questa logica lo sa solo Fabio Cavallari, autore, per Cultura Cattolica, di un curioso articolo dal titolo La fine del soggetto. E’ una soluzione accettabile?

Forse l’autore ha confuso “riproducibilità” con “approvazione”.
La frase «antropologicamente non siamo in grado di approvare una siffatta logica di pensiero» ha un senso: è impossibile, da un punto di vista razionale (perché una “logica di pensiero” non può che essere razionale), sostenere posizioni etiche e morali che si basino su questo schema, sul negare il soggetto del fine cercato. In particolare, un netto e deciso “no” all’eutanasia che, cercando la felicità del soggetto, lo elimina.

Un simile ragionamento ha due assunti molto forti:

  • Il discorso razionale è fondamentale e qualifica totalmente l’uomo: le altre dimensioni di senso, se esistono, sono secondarie, almeno in ambito morale. Per molte persona una simile affermazione non costituisce un (grosso) problema, tuttavia un simile discorso dovrebbe suscitare qualche imbarazzo in un cattolico, dal momento che il Papa sottolinea i limiti etici della ragione un giorno sì e l’altro pure.
  • Con la morte biologica finisce tutto: l’anima, se esiste, muore con il corpo. Anche qui nessun (grosso) problema per molte persone, ma un certo imbarazzo per un cattolico.

O Cavallari è in realtà un ateo materialista, dotato forse di cultura cattolica ma sicuramente sprovvisto di fede, oppure tenta di sviluppare il discorso a partire da presupposti non suoi assumendo, per ipotesi, il punto di vista, ad esempio, dei radicali italiani. L’inizio dell’articolo sembra confermare questa tesi, e non può che rallegrare il sapere che Cavallari non passerà l’eternità tra le fiamme dell’inferno.

Rimane comunque la difficoltà di comprendere l’assurdità della logica di pensiero esposta all’inizio. Ricapitolando: si ha un fine (il bene di una persona, nello specifico, un malato) e un mezzo (l’eutanasia, la morte più o meno naturale della persona) che non solo sarebbe inadeguato, ma semplicemente assurdo.
Tuttavia il mezzo non contraddice il fine, come Cavallari suggerisce in più occasioni. Il fine è il bene di una persona, non la persona in sé, il suo sussistere. Si potrebbe sostenere che proprio il rifiuto dell’eutanasia costituirebbe una terribile contraddizione, dal momento che il mezzo (una vita di sofferenza) contraddice in pieno il fine (il bene della persona).

Si obietterà: se si annulla la persona si annulla anche la possibilità del suo bene: ecco la contraddizione, l’assurdo.
Giusto: senza il soggetto non vi può neppure essere la sua felicità. Sbagliato trovarvi contraddizione: questo annullamento della possibilità del bene non equivale ad affermare il male della persona: è una situazione, per così dire, neutra. Una via quindi teoricamente percorribile se non vi sono altre alternative e se tale è la decisione del soggetto.

Alla fine la logica di pensiero dell’eutanasia si è rilevata tranquillamente percorribile. È persino possibile, senza contraddizioni o assurdità, prenderla in considerazione. Possibile, non obligatorio: è naturale che per qualcuno questa logica di pensiero sia errata. Nessun problema: non mi sembra che le proposte di legge rendano obbligatorio il ricorso all’eutanasia.

7 commenti su “Antropologicamente non siamo in grado…

  1. Scrivo velocemente in pausa pranzo, solo per dire che sì sono un ateo non credente, marxista. Dotato di una cultura anche cattolica. Ma non ho fede.
    Saluto con stima (torno con più calma). Lungi da me la polemica.
    Fabio Cavallari

  2. Nessun intento polemico neppure da parte mia, solo un po’ di ironia su alcune osservazioni (altre osservazioni, invece, le ho affrontate più seriamente).
    Sono tuttavia un po’ preoccupato: se ho indovinato quando, scherzando, ti sospettavo di materialismo, non posso che essermi sbagliato completamente nelle altre parti meno facete…

  3. L’eutanasia è un mezzo accessorio, tattico, consequenziale…
    È la libertà individuale il vero mezzo e, allo stesso tempo, il fine.

    Saluti

  4. Sostanzialmente d’accordo… però… la libertà come fine non mi convince del tutto: non che voglia negare il valore della libertà, però il considerarla un fine potrebbe agevolare ragionamenti del tipo “basta avere la libertà, tutto il resto non conta”, ragionamenti che non mi piacciono molto (anche perché bisogna avere i mezzi di questa libertà).

  5. Sostanzialmente concordo anch’io con quello che dici, ma in questo caso, con “la libertà è un fine”, mi riferisco a qualcosa inserito in un contesto in cui la convivenza tra gli individui non sia segnata dall’emergenza. Emergenza che invece sembra vivere costantemente chi paventa pericoli a destra e manca, tra cui l’idea dell’eutanasia.
    In realtà non sono portato a concepire scale di valori ma fondamentalmente liste di priorità. Questo non significa che tante altre cose non abbiano valore se al momento in testa della mia lista di obiettivi c’è la libertà. Che poi, da fine, essa diventa mezzo per raggiungere altri importanti traguardi, quando si tratta di libertà consapevole.
    Sono troppo ottimista?

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