A Beethoven manca il ritmo

Leggo un po’ ovunque che “secondo Giovanni Allevi a Beethoven mancava il ritmo”.
Eviterei di commentare quella che è una dichiarazione probabilmente fatta unicamente per fare rumore, ma incuriosito ho cercato di capire che cosa ha effettivamente detto il pianista italiano e ho notato una cosa curiosa.
Partiamo dal virgolettato:

“Un giorno”, ha spiegato, ho capito che dovevo uscire dal polverone e cambiare approccio con la musica, anche se si trattava di quella classica. Stavo ascoltando a Milano la Nona Sinfonia di Beethoven. Accanto a me un bimbo annoiato che chiedeva insistentemente al padre quando finisse. Credo che in Beethoven manchi il ritmo. Con Jovanotti, con il quale ho lavorato, ho imparato il ritmo. Con lui ho capito cos’è il ritmo, elemento che manca nella tradizione classica. Nei giovani manca l’innamoramento nei confronti della musica classica proprio perché manca di ritmo”.

Ricapitolando, Allevi ha visto un bambino annoiarsi a un concerto nel quale veniva suonata una sinfonia di Beethoven. E ha capito che tutti i giovani si annoiano ad ascoltare tutti i concerti di tutta la musica classica.

Stupisce che Allevi abbia una laurea in filosofia?

9 commenti su “A Beethoven manca il ritmo

  1. Che poi il tema meriterebbe anche un discorso, serio e profondo, ad esempio sull’idolatria di cui spesso sono oggetto i grandi compositori come Beethoven o su un mondo della musica classica freddo ed elitario… ma con questa uscita tutto si risolve in un “Allevi è un coglione”.

  2. a dire “Allevi è un coglione” in genere non si sbaglia.
    Il vero guaio è che la Nona è un’ora e venti di musica, se la si prende veloce: il tutto praticamente senza pausa. Non è esattamente banale starsene lì a sentirla, e te lo dice uno che l’ha cantata in un coro (e non siamo nemmeno entrati sin dall’inizio, figurati). Ma questo è indipendente dal ritmo: un’ora e venti di assolo di batteria devono fare un effetto ancora peggiore.

  3. @puntomaupunto: Una cosa che mi stupì molto, nel leggere la guida all’ascolto della Nona di Massimo Mila (credo sia ancora edito da Einaudi), è che alla prima esecuzione Beethoven fu interrotto un paio di volte dagli applausi (durante il secondo e il quarto movimento, se ricordo bene).
    È vero che “non è esattamente banale starsene lì a sentirla”, ma il problema è forse anche delle regole concertistiche moderne che vogliono gli ascoltatori in atteggiamento mistico-meditativo fino alla fine della composizione.

  4. Allevi è probabilmente troppo giovane (e fermiamoci qui…) per avere sentito le versioni con percussioni di Beethoven. Un esempio qui:
    http://www.youtube.com/watch?v=I-UT3EJQ7QM
    Jovanotti non aveva ancora la barba, al tempo. E che Jovanotti sia diventato una specie di guru per la musica o, peggio, per la politica, è uno dei tanti segni che caratterizzano il nostro disgraziato tempo.

  5. @ivo: io sapevo solo degli applausi mentre Ludovico Van era ancora assorto a sentirsi la musica in testa (probabilmente suonata un po’ più lenta), col sottinteso che non fosse lui a dirigere. Ma l’aneddoto me lo raccontarono quando ero bambino e probabilmente Allevi non fosse mai nato.
    Sicuramente fino a Mozart compreso la musica “classica” era molto meno parruccona di come sia adesso, con Beethoven non so se fosse già cambiato il paradigma.

  6. @Dave Bowman: Grazie mille per il video. Mi ero dimenticato di Beethoven nella Febbre del sabato sera.

    @puntomaupunto: Se non sbaglio Beethoven diresse la Nona (ma non il resto del concerto che prevedeva anche un pezzo dalla Missa Solemnis) e non si rese conto degli applausi finali – e neppure delle interruzioni – perché sordo. Ma non sono una fonte affidabile.
    Sempre se non sbaglio, il cambio di paradigma si è imposto con Wagner.

  7. Io ad Allevi non torcerei un capello, e dio sa quante ne meriterebbe la sua faccia da schiaffi, però imporrei una Cura Giovanni con “Come sei veramente” al posto della Nona a tutti i suoi fan.

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