Morally

Una delle cose belle degli ebook, è poter selezionare una parola e averne una definizione. Certo, non sempre è d’aiuto – se mi spieghi “giulebbato” con riferimento al “giulebbe”, ne so quanto prima – ma è comunque una funzione utile, soprattutto se provi a leggere in una lingua che non è la tua.

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Ho incontrato Sophia

Ho avuto il “piacere” di “intervistare” Sophia, robot umanoide sviluppato dalla Hanson Robotics per interagire con gli esseri umani – presente al Forum innovazione Svizzera italiana a Lugano.

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Quel che dice la pubblicità

Mi piacciono le pubblicità.
Ovviamente essendo io una persona perfettamente razionale non mi faccio influenzare nelle mie scelte – che poi è quello che penserebbe una persona almeno in parte irrazionale, ma non vuol dire nulla –; semplicemente mi diverte vedere come mi si vorrebbe convincere a comprare un determinato prodotto, fare la spesa in un determinato posto, fare una donazione a una determinata Ong. aprire un conto in un determinato istituto di credito, abbonarmi a un determinato servizio eccetera.

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Ma poi che cos’è una fake news? Un apostrofo rosa messo tra le parole “documentati”

Sui social media mi sono imbattuto nella versione Bacio perugina del celeberrimo “bacio apostrofo rosa t’amo” di Rostand.

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Per fortuna ci sono i complottisti

Ho avuto occasione di seguire un po’ di incontri su Apollo 11 e la conquista dello spazio – perlopiù al CICAP Fest di Padova.
E devo ringraziare i complottisti. Che certo, c’è il problema della fiducia come nel caso del 5G, ma è grazie a loro se si entra in dettagli tecnici e scientifici, minuzie che, senza la necessità di rispondere alle accuse di chi sostiene che il programma Apollo fosse tutta (o in parte) una montatura, sarebbero rimaste confinate nei testi tecnici – mentre adesso sono in mano a valenti divulgatori.

Ci saremmo mai dedicati alla polvere sulle “zampe” del modulo lunare, se quella polvere non fosse diventata la “prova” che era tutto un imbroglio?

Alla fine quello dei complottisti è un servizio alla comunicazione della scienza. Tanto che – adottando per un attimo quella mentalità complottista – viene il dubbio che le bufale sull’allunaggio siano un’invenzione dei divulgatori per avere qualcosa in più da raccontare…

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Fiducia a 5G

Antenna telefonia mobile

Premessa 1.
A me, personalmente, del 5G frega poco: col mio attuale ritmo di adozione delle nuove tecnologie, avrò un dispositivo in grado di supportare questa tecnologia non prima di un paio d’anni e, in ogni caso, per il mio utilizzo abituale della rete le velocità attuali sono più che sufficienti. Che un film si scarichi in venti minuti o in venti secondi a me cambia poco: sempre due ore ci metto, a guardarlo.
Sono poi certo che sia una tecnologia importante dalle applicazioni utili e interessanti, delle quali certamente usufruirò anch’io – per quanto, almeno all’inizio, indirettamente.

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Perché “siamo andati sulla Luna”?

In questi giorni di celebrazioni per i cinquant’anni della missione Apollo 11, un pensiero mi arrovella.

Perché “siamo andati sulla Luna”?
Notate le virgolette: non mi sto chiedendo i motivi che hanno spinto gli Stati Uniti a creare il programma Apollo – la storia più o meno la conosciamo tutti: fondamentalmente per umiliare i sovietici – ma i motivi che mi fanno affermare che noi1 siamo andati sulla Luna e che non è tutta una montatura, un complotto, un un inganno.

Intendiamoci: non ho dubbi che cinquanta anni fa Neil Armstrong abbia davvero posato il piede sulla superficie lunare. Ma perché non ho dubbi? Non ero ancora nato – come del resto, spannometricamente, l’80% della popolazione mondiale attuale –, non ho particolari competenze storiche o aerospaziali, neppure ho mai conosciuto qualcuno direttamente coinvolto con il programma Apollo.
Gli argomenti a favore mi paiono più convincenti di quelli (alcuni davvero strampalati) contrari, ma la mia è la valutazione di un inesperto.
Insomma, gira e rigira è questione di fiducia: mi fido di più di chi dice che ci siamo stati.

  1. Noi esseri umani, intendo. []

Applausi

Domenica scorsa ho ascoltato la Nona di Beethoven.

Il concerto, parte del Ludwig van Festival dell’Orchestra della Svizzera italiana, doveva originariamente essere all’aperto, poi causa pioggia si è tenuto all’interno della sala del Lac, il centro culturale di Lugano. Mantenendo comunque la formula dell’evento eccezionale e gratuito, vista la presenza di vari cori della regione e l’allestimento di uno schermo nella hall del centro culturale – il che ha verosimilmente portato in sala un pubblico nuovo, non avvezzo ai riti della musica classica.

Così alla fine del primo movimento c’è stato qualcuno che ha osato applaudire, subito intimorito dagli sguardi severi dei vicini avvezzi al rigido rituale della musica classica. Poi magari uno a casa di legge la Lettura della nona sinfonia di Massimo Mila, e – vado a memoria – scopre che alla prima esecuzione il pubblico viennese proruppe in un applauso spontaneo nel bel mezzo del secondo movimento.
Insomma, puoi portare la musica classica in piazza; ma portare gli applausi nella musica classica, no.

Uno schioccare di dita

C’è un pensiero che continua ad arrovellarmi, dopo aver visto Avengers endgame.1

Ora, già nel precedente film la conta degli scomparsi era realisticamente di molto superiore alla metà – perché un conto son quelli letteralmente ridotti in polvere dallo schiocco di dita di Thanos, un altro son quelli morti per i vari incidenti seguiti alla scomparsa. Incidenti per metà delle automobili in circolazione, un quarto degli aerei (contando il copilota, ammesso che lui e il personale dell’aeroporto abbiano il sufficiente sangue freddo per l’atterraggio), più navi, elicotteri, treni, metropolitane, autobus senza dimenticare centrali nucleari, dighe eccetera.
E tutto questo ammettendo che il sistema economico continui a funzionare, che nelle fattorie si continui a coltivare la terra, che qualcuno rifornisca le fabbriche di materie prime e distribuisca i prodotti, eccetera.
Insomma, secondo me è facile azzardare che, tra polverizzati da Thanos, morti immediatamente in incidenti e morti di inedia nelle settimane successiva, almeno due terzi dell’umanità non ci siano più. E temo sia una stima molto conservativa.

Abbiamo quindi una popolazione mondiale di due-tre miliardi di persone che con difficoltà si riorganizza, ricostruisce una società.
Passano gli anni – cinque, per la precisione, e non sono pochi – e gli Avengers riescono a procurarsi le gemme dell’infinito: un altro schiocco di dita e 4 miliardi di persone ritornano come se nulla fosse. Il problema non è tanto ritrovarsi la figlia di cinque anni che ne ha dieci e chiama qualcun altro mamma e papà, ma dove alloggiare – se ti va bene hai una casa abbandonata da cinque anni, se ti va male è abitata da altri, se ti va malissimo è diventata una discarica tossica con le macerie dalla Grande scomparsa –, cosa mangiare, cosa bere, che medicine prendere. Perché, anche stimando una crescita demografica, tutto il sistema produttivo è dimensionato per poco più di tre miliardi di persone – e improvvisamente hai sette miliardi di bocche da sfamare, di corpi di curare e vestire.

Insomma, un’altra catastrofe e se per numero di morti il secondo schiocco di dita è forse inferiore al primo, è sicuramente maggiore per sofferenza. E gli Avengers sono i buoni.

  1. Breve premessa per chi non ha visto gli ultimi due cinefumettoni Marvel: Thanos, preoccupato per l’incontrollata crescita demografica, decide di far sparire metà degli esseri viventi – perlomeno quelli senzienti – della galassia. Gli Avengers non riescono a fermarlo, ma cinque anni dopo riescono a far tornare in vita tutti quelli cancellati. []