Perché odio le auto elettriche

electric-charge-2301604_1920Le macchine elettriche stanno diventando “per tutti” e in molti sono entusiasti, di questa piccola rivoluzione della mobilità che, se ci aggiungiamo le macchine a guida autonoma, diventa una grande rivoluzione.
Non io. O meglio: posso anche essere felice per la scomparsa dei motori a scoppio con il loro baccano e le loro emissioni (del resto, se si chiamano “motori a scoppio” un motivo ci sarà). E essendo uno dei rari esemplari di H. sapiens maschio a cui non piace guidare, pure l’idea di salire in auto, dire “portami a casa” e mettermi a leggere un libro la trovo molto allettante, visto soprattutto che l’alternativa prevede di dover tenere gli occhi fissi su una striscia di asfalto non particolarmente interessante.

Il problema è che l’auto elettrica riduce — neanche risolve: riduce — uno dei problemi della mobilità automobilistica, distogliendo l’attenzione dagli altri.
Non abbiamo emissioni in centro città, ed è certamente un bene. Le abbiamo però dove stanno le centrali elettriche, e le abbiamo avute dove è stata prodotta la batteria. Certo, il saldo è molto probabilmente negativo — anche perché nel computo bisogna pure tenere conto l’impatto ambientale di raffinerie e benzinai —, per cui anche tenendo conto di questo inquinamento nascosto un’auto elettrica è più pulita di una a benzina. In giro si trovano cartine che mostrano anche di quanto, a seconda dell’approvvigionamento energetico dei vari Paesi. Un vantaggio c’è, ma è relativo e già li vedo, i fanatici dell’auto elettrica, atteggiarsi a salvatori del pianeta solo perché inquinano un po’ meno e da un’altra parte.

Ma c’è un altro grosso problema. E “grosso” non è un termine usato tanto per dire, perché mi riferisco alla dimensione delle auto. Sono grandi. E ingombranti, perché non le puoi impilare nei posteggi come fai coi libri in libreria, devi lasciare un po’ di spazio per aprire le portiere e per fare manovra. Ogni auto occupa quanto un monolocale. E lo occupa per molto tempo perché, in media, quanto tempo usiamo un’auto? Non ho dati sotto mano, ma dubito si superino le due-tre ore al giorno. Visto che di ore in un giorno ce ne sono ventiquattro, vuol dire che, quando le usiamo tanto, le automobili sono mobili per circa un decimo del tempo. Dovremmo chiamarle autostatiche.
Non che quando si spostano occupino meno spazio. Tenendo conto di un ragionevole spazio di frenata, un’auto che viaggia a trenta chilometri orari (circa 8 metri al secondo) ha bisogno di 15 metri di strada; più la lunghezza della macchina, ovviamente. Se da posteggiata è un monolocale, in movimento ingombra almeno quanto un bilocale.1
Uno spreco di spazio enorme, se confrontato con altri mezzi di trasporto come bus o treni che certo sono più grandi, ma trasportano molte più persone (anche ammettendo di avere auto con quattro-cinque passeggeri, una rarità) e in ogni caso vengo utilizzati più a lungo.
Spazio sottratto a tutti noi, a meno che qualcuno non apprezzi starsene fermo in un posteggio o in mezzo a una strada.

Se pensate che le auto elettriche possano almeno risolvere il problema del posteggio, dal momento che — quando e se saranno in grado di andarsene in giro senza neanche umani a bordo — possono portarmi a destinazione e poi andarsene in un qualche posteggio in periferia, rendetevi conto che state praticamente raddoppiando il traffico sulle strade.2 E uccidendo il trasporto pubblico collettivo.

Ecco perché odio l’auto elettrica (e pure quella a guida autonoma): rende etico e responsabile l’utilizzo di un mezzo che, almeno per come lo usiamo adesso, è fondamentalmente stupido.

  1. La situazione migliorerebbe un po’ se, nei tragitti lunghi, le auto potessero agganciarsi insieme, come i vagoni di un treno. []
  2. Rischiando anche di mandare a ramengo il discorso ecologista qui sopra: inquinare la metà a chilometro percorso ma fare il doppio di strada non mi pare un grande affare. []

Le sette meraviglie di TRAPPIST-1

Li capisco perfettamente, quelli che – occupandosi con passione e competenza di comunciazione scientifica – sono adesso impegnati a smorzare i facili entusiasmi di chi è già lì a immaginarsi pianeti con civilità aliene e future sedi di colonie terrestri. Dei sette esopianeti che orbitano la stella TRAPPIST-1, non si è nemmeno sicuri che abbiano acqua allo stato liquido o un’atmosfera…

È che con queste suggestioni certo la scoperta si vende meglio, e la Nasa lo sa, visto che propone non solo una ricostruzione (artistica, ovviamente) di uno dei pianeti:Imagine standing on the surface of the exoplanet TRAPPIST-1f. This artist's concept is one interpretation of what it could look like.

ma addirittura realizza un manifesto rétro di una possibile vacanza sul quarto pianeta del sistema:

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Capisco che di fronte a tutto questo, e a dire il vero già di fronte a scelte terminologiche come “super-Terra” che evocano molto di più di quello che in teoria dovrebbero significare, gli inviti alla cautela siano quasi un obbligo.

Proviamo però a prendere la faccenda da un altro punto di vista.
È bello immaginare di salire su un’astronave e visitare un mondo a 40 anni luce da qui, ma abbiamo davvero bisogno di questo, per meravigliarci? Voglio dire, siamo riusciti a scoprire che, intorno a una stella che si trova a centinaia di migliaia di miliardi di chilometri (se ho fatto giusti i conti) e che non è neanche visibile a occhio nudo, ruotano sette pianeti, determinandone massa, dimensione e distanza dal loro sole. E non solo: si sta cercando di studiare – ripeto, a miliardi di chilometri di distanza – la composizione della loro atmosfera (ammesso che ce l’abbiano). Solo qualche secolo fa, tutto quello che potevamo fare era scrutare il cielo a occhio nudo.
Non mi pare poco. Anzi.

Manifesto della comunicazione non ostile

È uscito il Manifesto della comunicazione non ostile, o meglio una sua bozza, il cui scopo – cito dal sito – è “ridurre, arginare e combattere le pratiche e i linguaggi negativi della Rete”. Continua a leggere “Manifesto della comunicazione non ostile”