Del giornalismo del 21º secolo

Secondo me, se il giornalismo ha un senso, oggi, è quello di fare da traduttore all’interno della società.

Con giornalismo intendo, qui, chi dà notizie quotidianamente: gli approfondimenti sono un altro discorso, perché appunto non danno la notizia, ma forniscono gli strumenti per comprenderla. Il problema è che non è detto che questi strumenti siano alla portata di tutti e non è detto che interessino a tutti. Due aspetti che non è il caso di trascurare: una società in cui tutti riescono a comprendere tutto sarebbe bellissima, ma se non ci si ricorda che è un’utopia quello che si ottiene è una società in cui metà della popolazione crede di sapere tutto perché due anni fa ha letto un articolo su Internazionale e l’altra metà odia quelli che leggono Internazionale perché si sentono trattati da capre ignoranti (senza dimenticare un’altra metà che neppure sa che cosa sia Internazionale, e un’altra metà ancora che non conosce le frazioni). Continua a leggere “Del giornalismo del 21º secolo”

Bufale nella bolla

Negli ultimi giorni ho frequentato poco i social network, per cui quello che vado a raccontare potrebbe essere solo un effetto della mia “distrazione digitale”. Comunque: ieri, su Facebook, mi sono imbattuto in due smentite, due sbufalamenti, se vogliamo chiamarli così. Insomma, i miei contatto hanno condiviso le rettifiche di due notizie che, nella versione iniziale menzognera o comunque inesatta, attribuivano ad alcune persone – e indirettamente a tutte le persone della stessa nazionalità o religione – comportamenti poco civili.

Ecco, io le notizie originali non le avevo viste. Forse perché sono state condivise nei giorni in cui io ero disattento, o forse perché i miei contatti quelle notizie false non le hanno condivise, e io quindi non le ho viste.

Se è giusta la seconda, mi chiedo se non valga anche il contrario, ovvero se chi si è imbattuto nelle due notizie false si sia anche imbattuto nelle smentite, oppure se sia rimasto protetto dalla verità dalla bolla creata dai filtri automatici di Facebook.

Non trovo il riferimento – eventualmente aggiornerò l’articolo – ma pare da alcune ricerche sicuramente più serie e accurate di questo aneddoto che in realtà i filtri automatici di Facebook non isolino completamente, nel senso che non nascondono tutte le notizie contrarie alla propria visione del mondo. Però a me il dubbio rimane.

Stigma virtuale

A me dispiace, per quel ragazzo di cui non ricordo il nome intervistato da non so quale emittente dopo i disordini di Milano.1
Dispiace non perché penso che sia innocente o un bravo ragazzo. Semplicemente, penso non meriti tutto quello che gli accadrà. E gliene accadranno, di cose.
E anche a lungo. Molto a lungo, perché i giornali che hanno riportato il suo nome non finiranno semidimenticati in qualche emeroteca come in passato, ma rimarranno accessibili come se fossero stati scritti ieri. Accessibili in tutto il mondo: pure al polo sud, i pinguini con lo smartphone potranno scoprire le sue gesta. Continua a leggere “Stigma virtuale”

  1. In realtà lo so, il nome dell’emittente, e pure quello del ragazzo. E anche se non li sapessi, basterebbe una breve ricerca online per trovarli. Ma non voglio. []

L’unica naturale che voglio è l’acqua minerale

Avevo iniziato a scrivere questo articolo mesi fa. “Moratoria naturale” era il titolo provvisorio. Poi l’ho cambiato con “Sì, i gay sono davvero contronatura” e adesso quello che leggete qui sopra, che non rispecchia molto il contenuto, ma mi piace per cui lo tengo.

Già, perché anche il contenuto è cambiato – o meglio le mie idee sul possibile contenuto, perché di scritto c’era ben poco, prima di oggi.
Ero partito dall’idea di una moratoria sul termine naturale. Troppo ambiguo, troppi significati impliciti: io dico “naturale” intendendo qualcosa che non ha richiesto particolari interventi umani, e tu pensi a qualcosa di buono, di bello, di sacro. Insomma, un casino. Volevo anche proporre una serie di espressioni alternative. “Famiglia cattolica” invece di “Famiglia naturale”; “Parto vaginale” invece di “Parto naturale” e così via.

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Aperti in sé stessi

È una di quelle espressioni in grado di abbattere la mia voglia di proseguire la lettura di un testo: appena leggo che le persone con lo smartphone sono “chiuse in sé stesse” ho l’impulso di lasciar perdere il resto; se poi queste persone “non si rendono conto della realtà che le circonda”, resistere è quasi impossibile. Continua a leggere “Aperti in sé stessi”

Manifesto surrealista

Luogo: una stazione ferroviaria ticinese.
Tempo: una sera, qualche settimana prima delle elezioni cantonali.

Intorno a me, manifesti elettorali. Solo manifesti elettorali. E tutti tragicamente simili. In pratica, sono circondato da grandi mezzi busti, quasi tutti sorridenti, quasi tutti maschi.
L’eterogenea fauna pubblicitaria che di solito abita la stazione – automobili, mete esotiche di viaggi, assicurazioni, conti bancari, abbonamenti di cellulari e così via – è scomparsa; una perdita di biodiversità che neppure nei peggiori incubi di ecologisti inclini alla catastrofe. Sopravvive, in fondo, un isolato manifesto che pubblicizza gomme da masticare. Chissà se sopravviverà fino alla domenica elettorale. Continua a leggere “Manifesto surrealista”

Lesioni diffuse

"Leeuwenhoek, Microscopic observations Wellcome L0001349" by http://wellcomeimages.org/indexplus/obf_images/14/c6/2106c0f6044776c25783a97adf69.jpgGallery: http://wellcomeimages.org/indexplus/image/L0001349.html. Licensed under CC BY 4.0 via Wikimedia Commons - http://commons.wikimedia.org/wiki/File:Leeuwenhoek,_Microscopic_observations_Wellcome_L0001349.jpg#/media/File:Leeuwenhoek,_Microscopic_observations_Wellcome_L0001349.jpg
Spermatozoi osservati da van Leeuwenhoek (via Wikimedia Commons)

Un cittadino tedesco con un tumore alla prostata si sottopone a un intervento chirurgico che, come conseguenza inevitabile, gli impedirà per sempre di avere figli. Per assicurarsi di avere comunque una discendenza biologica, l’uomo decide di congelare il proprio seme. Tuttavia una lettera archiviata male – certe cose capitano anche in Germania – e la clinica dove l’uomo aveva depositato il proprio seme lo butta.

Ne nasce un caso giuridicamente interessante. L’uomo infatti chiede un risarcimento, il quale però viene negato perché non c’è lesione corporale (richiesta dal codice civile tedesco).  Lo sperma era parte del corpo dell’uomo, ma una volta depositato non lo era più, per cui niente risarcimento.1

Il caso arriva alla Corte federale di giustizia che nel novembre del 1993 decide che è vero, lo sperma congelato non è più parte del corpo e non è neppure previsto che vi ritorni, come accade invece per il sangue prelevato per una autotrasfusione oppure per un ovulo che, dopo l’inseminazione in vitro, viene impiantato nell’utero della donatrice. Tuttavia questo sperma “ha per l’integrità del soggetto di diritto e per la sua capacità personale di realizzazione e decisione la stessa importanza di un ovulo o di un’altra parte del corpo protetti [dal codice civile]”.2
Quindi, sì al risarcimento per lesioni del corpo.
In altre parole: il corpo di quell’uomo era anche nei congelatori di una (negligente) clinica tedesca.3

O, in altre parole ancora, lo sviluppo della tecnica ha separato quello che potremmo chiamare il corpo biologico (l’organismo vivente) dal corpo funzionale o sociale4 (le cose che svolgono la funzione del nostro corpo). Lo sperma congelato non è più parte del corpo biologico, ma è parte del corpo funzionale (perlomeno nel caso sia l’unica possibilità di avere figli).
Potremmo pensare una cosa simile per la maternità surrogata, ma mi limito a suggerire la cosa.

  1. O, immagino, un risarcimento più contenuto per inadempienza. []
  2. Bundesgerichtshof, 9 novembre 1993, in Familienrecht, 1994, pp. 154-156. La traduzione italiana proviene da Stefano Rodotà, La vita e le regole: tra diritto e non diritto, Feltrinelli, p. 80. Il caso è anche citato da Gregor Christandl in un contributo su Altalex. []
  3. La decisione della Corte in realtà non afferma questo, ma si limita a una analogia. []
  4. Corpo funzionale non mi piace, ma corpo sociale è già usato per indicare ad esempio organizzazioni come i sindacati o i partiti. []

Il disgusto può essere un motivo, non una ragione

"Radish 3371103037 4ab07db0bf o" di Self, en:User:Jengod - Opera propria. Con licenza CC BY-SA 3.0 tramite Wikimedia Commons.
A me non piacciono i ravanelli. Ma non ne faccio un dramma (Radish via Wikimedia Commons).

Forse il problema è che sono stato un lettore distratto e superficiale, ma sulla faccenda dei “figli della chimica” – così lo stilista Domenico Dolce ha definito i bambini nati con (almeno alcune) tecniche di procreazione medicalmente assistita – ho letto soprattutto argomentazioni basate sul disgusto.
Questa pratica – surrogazione di maternità (detta volgarmente “utero in affitto”), fecondazione eterologa (con sperma o ovuli di una terza persona) e forse anche la fecondazione in vitro  – mi provoca ribrezzo, per cui no, non va bene.

Tralasciando che non si sa bene come intendere quel “non va bene”, se come condanna morale (insomma: tu che fai quella cosa sei una persona cattiva, dovresti quantomeno sentirti in colpa e gli altri dovrebbero quantomeno biasimarti) oppure legale (e quindi almeno una multa te la meriti, magari anche il carcere), il disgusto o ribrezzo può essere un motivo per cui una persona fa o non fa qualcosa, ma non una ragione con cui convincere o condannare gli altri. Continua a leggere “Il disgusto può essere un motivo, non una ragione”

La maggioranza decide

Piccolo appunto di… boh, non so se chiamarla politica, civica o semplice buon senso.

Leggo e sento spesso – mi riferisco alla situazione elvetica, ma ovviamente il discorso non si applica solo alla Svizzera, per cui evito riferimenti diretti – leggo e sento spesso, dicevo, critiche a volte anche aspre (e a volte anche veri e propri insulti) verso chi critica o semplicemente non approva l’esito di una qualche votazione (perlopiù popolare, ma non è quello l’importante). Continua a leggere “La maggioranza decide”