La realtà, la menzogna e Odifreddi

Piergiorgio Odifreddi se la prende con la narrativa, colpevole di allontanare dalla realtà.
Se le accuse vi suonano familiare, è perché probabilmente vi ricordate la condanna che formulò Platone qualche secolo prima del nostro celebre matematico.
Il filosofo ateniese aveva una imponente metafisica a sorreggere la sua condanna. Non credo che Odifreddi abbia una metafisica: oramai anche i filosofi ne fanno a meno, figuriamoci il nostro prolifico polemista. E allora su cosa si regge la sua condanna?
Sulla scienza, cioè sulla tanto decantata realtà? Non direi: non si citano studi sociologici o psicologici,non si accenna neppure a un qualche esperimento per verificare la tesi portante del discorso. Direi che l’accusa di Odifreddi si basa su un’impressione, ossia su un pregiudizio. Roba da far quasi rimpiangere la metafisica.

Riflessioni omeopatiche

Momma

L’omeopatia è un imbroglio?
Da filosofo,1 mi incaponisco sulle domande, le analizzo. Chiedersi se l’omeopatia sia un imbroglio è diverso da chiedersi se i “farmaci” omeopatici siano qualcosa di più di acqua e zucchero che funzionano grazie all’effetto placebo.2

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  1. Diciamo, più modestamente, da laureato in filosofia []
  2. L’omeopatia quella vera, basata sulla diluizione ripetuta di un principio attivo che, puro, avrebbe gli stessi effetti del male che si vuole curare. Curiosamente “omeopatia” è diventato termine generico per tutte le cure “naturali”, “alternative” e non previste dalla “medicina tradizionale”. []

Ironie antinfluenzale

L’Istituto di ricerca in biomedicina dell’Università della Svizzera italiana, insieme a Humabs BioMed SA di Bellinzona e al National Institute for Medical Research ha annunciato una scoperta che «potrebbe favorire la creazione di un vaccino universale in grado di proteggere da tutti i virus dell’influenza stagionale e da nuove pandemie».

Vaccino, influenza.
È curioso come una scoperta scientifica di valore debba utilizzare queste parole. Una eventuale civiltà aliena che intercettasse queste notizie (e conoscesse alla perfezione le varie lingue terrestri) penserebbe che su questo pianeta le malattie si credono causate da influenze esterne e vengono curate tramite estratti di grossi bovini.

Ogni sera

Una stazione del treno (foto di minhtu)

In questo periodo utilizzo il treno per andare al lavoro.
Lavoro serale, quasi notturno: al ritorno, scendo dal treno intorno a mezzanotte, talvolta anche all’una.

Ultimamente, nella saletta di attesa — un grosso gabbiotto in vetro e acciaio sul marciapiede, molto utile e apprezzato d’inverno per non congelare aspettando il treno —, ultimamente, dicevo, in questa saletta di attesa dorme, all’apparenza serenamente, una persona.
Tutte le sere in cui lavoro lo trovo lì, sdraiata sulle panche, con la testa appoggiata a una borsa rossa a mo’ di cuscino. Continua a leggere “Ogni sera”

A me ventun anni non sembrano pochi

Pare che la pena massima in Norvegia sia di 21 anni di prigione. Pare che per i reati di terrorismo la pena diventerà presto più severa, ma questo in ogni caso non riguarda Anders Behring Breivik, perché una persona viene giudicata in base alle leggi in vigore al momento del fatto, non in base a quelle entrate in vigore successivamente.
E così Breivik, che ha ucciso 93 persone, tornerà probabilmente ad essere un uomo libero tra ventun anni, sempre che, allo scadere della pena, non lo si reputerà ancora pericoloso e quindi si deciderà di prolungare la detenzione di altri cinque anni.

Secondo alcuni ventun anni sono pochi. Pochi per quello che ha fatto, pochi per le vite cui ha posto fine, pochi per il dolore che ha causato. Continua a leggere “A me ventun anni non sembrano pochi”

L’autorità è fatta di piccole cose

Arrivo alla stazione internazionale di Chiasso. Scendo dal treno elvetico e, visto che il regionale per Milano è lì, davanti a me, con le porte aperte, salgo, mi accomodo su una delle poltroncine e mi immergo nella lettura di un libro.
Neppure un minuto dopo, arriva una guardia di finanza, che con gentilezza mi invita, o forse sarebbe più corretto dire: mi intima, di scendere dal treno e passare i controlli doganali. Manifesto il mio stupore per una prassi che, tutte le volte che ho attraversato la frontiera in treno, non ho quais mai seguito, ma ovviamente scendo. Percorro a piedi i circa cento metri che mi separano dalla dogana, entro, inversione di centottanta gradi, passo dalla sede dei doganieri, esco, ripercorro il centinaio di metri di prima in senso inverso, risalgo sul treno. Senza incontrare neppure un finanziere.

Fermiamoci un attimo, invece

La lotta al biotech non si ferma (foto ticinonline)

Durante una manifestazione — in favore di alcuni anarchici presunti ecoterroristi — davanti al tribunale penale federale di Bellinzona, è apparso il seguente striscione: “La lotta la biotech non si ferma”.

Striscioni e manifestazioni non sono le sedi ideali per dibattiti approfonditi. Un blog è una sede già più adatta, e quindi chiedo: perché il biotech diventa qui qualcosa contro cui lottare, una sorta di incarnazione del male? Che cosa si intende qui con biotech? Per quale motivo è una cosa da combattere?

Meglio il referendum?

Corte suprema dell’Ohio (foto di afsart)

Due premesse prima di iniziare.
La prima riguarda la recente legge sul testamento biologico. È – da quel che sono riuscito a capire dalla stampa – una brutta legge, una legge che sarebbe meglio non entrasse mai in vigore e, una volta in vigore, sarebbe meglio abrogarla al più presto.

Abrogarla. Cancellarla dall’ordinamento giuridico. Ma come?
C’è chi propone un referendum. Chi invece ripone le proprie speranze nella Corte costituzionale.

Prima di proseguire, la seconda premessa.
Il quadro istituzionale italiano è secondo me pessimo. A iniziare dalla legge elettorale che, con l’impossibilità di scegliere i candidati ma solo le liste, è una brutta legge che rende poco rappresentative le camere, finendo con le difficoltà dei referendum, solo abrogativi e vincolati dal raggiungimento di un quorum.

Con un parlamento così, e viste le difficoltà di riuscire ad abrogare alcune norme della legge per via referendaria, anche io spero in una sentenza della Corte costituzionale. È senz’altro una via più percorribile, meno rischiosa. Continua a leggere “Meglio il referendum?”

Dal mondo cieco a quello veggente

[Il reato] è una manifestazione della cultura ed è quindi legato ad una o più valutazioni del legislatore a loro volta espresso in concreto dal giudice. Se vogliamo essere in armonia con le esigenze politico-culturali del momento, noi dobbiamo definire il reato come un fatto umano tipico, antigiuridico e colpevole per il quale è prevista come conseguenza giuridica una pena. Nell’ambito di questa definizione noi attiriamo l’attenzione su di un momento naturalistico (il «fatto» dell’uomo, cioè la  modificazione delle condizioni preesistenti all’agire nel mondo della natura) e su tre valutazioni che debbono essere riferite al fatto così inteso dell’uomo perché questo si estolla dal mondo cieco della natura in quello veggente del diritto.

Giuseppe e Rodolfo Bettiol, Istitutioni di diritto e procedura penale, Cedam, 1993

Il saggio, ad essere sinceri, non è granché interessante: forse per questioni di età (la prima edizione è del 1966, e l’impostazione non credo sia mutata con gli aggiornamenti successivi) si confondono molti concetti, passando continuamente dal livello descrittivo a quello prescrittivo.
Il passaggio riportato credo meriti però di venire citato e conservato per la chiarezza del passaggio da quello che Bettiol chiama “mondo cieco della natura” – i fatti bruti – al “mondo veggente del diritto” – il mondo istituzionale – tramite alcune valutazioni o giudizi.