Della differenza tra veri e falsi filosofi: comprendere, fraintendere, non comprendere.

Ad iniziare è stato Massimo Adinolfi con la sua “difesa corporativa“:

Io mi occuperei solo di […] gente […] che pensa si possa filosofeggiare, almeno sui giornali, per il solo fatto di aver letto libri, indipendentemente da come li si è letti. Insomma, la mia è una difesa corporativa: la fanno i tassisti, perché non anch’io?

Porphyrios chiede, con ironia, quale sia la differenza tra filosofi veri e filosofi falsi:

Azione Parallela dice di voler difendere la corporazione dei filosofi. Immagino dai falsi filosofi. E come si riconosce il vero filosofo? Dal suo dichiararsi filosofo? Dall’essere riconosciuto tale dalla comunità dei filosofi?

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Libri, padri e figli

Fabrizio Galimberti, editorialista del Sole 24 ore, ha scritto un interessante testo divulgativo: L’economia spiegata a un figlio.
Il titolo incuriosisce: Galimberti ha tre figli e decide di spiegare, a loro e a tutti i lettori del libro, il suo lavoro, i meccanismi economici, la natura del denaro e così via. Ovviamente si tratta di un espediente narrativo (o meglio esplicativo): se Galimberti avesse davvero voluto spiegare ai figli cosa è l’economia, si sarebbe limitato a discutere con loro. Continua a leggere “Libri, padri e figli”

Il discorso di Giuseppe Bottazzi

Il nome di Giuseppe Bottazzi, ai più, potrebbe non dire nulla, e allora meglio chiamarlo con il soprannome che lo ha reso celebre: Peppone.
Nel film Don Camillo e l’onorevole Peppone, il sindaco comunista di Brescello si candida come deputato alle imminenti elezioni.
Una delle scene migliori del film è il discorso conclusivo della campagna elettorale, ovviamente intralciato dal perfido don Camillo, che decide di sabotare l’intervento di Peppone. Continua a leggere “Il discorso di Giuseppe Bottazzi”

Colpo di testa

Breve riassunto dei fatti, a beneficio di quei pochi che leggeranno questo testo tra qualche settimana, quando tutta la questione si sarà, finalmente, sgonfiata.
Durante la finale dei mondiali di calcio, disputata da Italia e Francia, quando mancano pochi minuti alla fine dei tempi supplementari, il difensore italiano Marco “Matrix” Materazzi dice qualcosa, verosimilmente degli insulti, all’attaccante francese Zinédine “Zizou” Zidane e quest’ultimo reagisce colpendo il primo con una violenta testata.
L’arbitro non ha visto ma, una volta informato sembra da un assistente, espelle il calciatore francese.

Sui risvolti sportivi della vicenda non ho molto da dire: nella assoluta ignoranza delle usanze e dei regolamenti calcistici, mi astengo da qualsiasi opinione.
Sugli aspetti non sportivi, invece, si possono fare un paio di osservazioni interessanti. Continua a leggere “Colpo di testa”

Il piccolo grande uomo

Un buon metodo per esporre le idee del fisico ingenuo è quello di prender le mosse da una domanda singolare e quasi scherzosa: «Perché gli atomi sono piccoli?».[…]
Ora, perché gli atomi sono così piccoli? Evidentemente, la domanda è un sotterfugio. Infatti, essa non riguarda in realtà le dimensioni degli atomi. Essa riguarda le dimensioni degli organismi e più in particolare le dimensioni del nostro corpo. Infatti l’atomo è piccolo se riferito alle nostre ordinarie unità di lunghezza, la iarda e il metro.[…]
Messo così in evidenza il fatto che la nostra domanda riguarda in realtà il rapporto tra due lunghezze, tra le dimensioni cioè del nostro corpo e quelle dell’atomo, con una incontestabile priorità di esistenza a favore dell’atomo, la domanda va correttamente formulata in questo modo: «Perché i nostri corpi debbono essere così grandi, a paragone dell’atomo?».

Erwin Schrödinger, What is Life?, 1944 (trad. it. di Mario Ageno, Cosa è la vita?, Adelphi 1995)

Perché Schrödinger scrive di una incontestabile priorità di esistenza a favore dell’atomo?
Il fisico, anche se ingenuo, ragiona evidentemente così: l’uomo è composto da atomi, quindi non esisterebbe senza di essi, quindi l’atomo ha una priorità di esistenza rispetto all’uomo.
Il ragionamento, ovviamente, è corretto. Ma lo è solo perché l’esistenza, qui, è intesa in senso materiale: l’atomo ha una incontestabile priorità di esistenza solo se ci si limita alla bruta esistenza fisica. Temo sia sufficiente estendere anche di poco il significato di esistenza per capovolgere l’affermazione e dare la priorità di esistenza all’uomo. Ma queste sono cose da filosofo, non da fisico ingenuo.

Domande e risposte

Massimo Adinolfi riflette su quello che, sbrigativamente, potremmo chiamare riduzionismo psichico. L’inizio della sua riflessione è un anonimo commento:

Ho sete, e ho davanti a me una Sprite e una Pepsi. Ci penso un attimo, allungo la mano e prendo la Pepsi. A che punto ho scelto? Mi pare: in un qualche istante tra il problema di decisione che mi sono posto e il gesto di prendere la Pepsi e lasciare la Sprite nel frigo.
Chiama questo istante “t”. Che è successo nell’istante “t”? Direi: si e’ verificato un certo evento fisico x nel mio cervello. Perché non dovrei dire che l’evento è x la mia scelta? Che *cosa* è la mia scelta, senno’?

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Fenomenologia del pettegolezzo

Ogni lettura ha i suoi momenti e ogni momento ha le sue letture. Ci sono testi che richiedono concentrazione, che non ammettono distrazioni. Ci sono testi che richiedono, per essere apprezzati, una lettura attiva: sottolineature, rilettura, brevi note a margine e così via. Vi sono testi leggeri, ideali quando si è stanchi ma insopportabili quando si è lucidi e mentalmente pronti. Ci sono testi che si adattano all’umore del momento, e altri no.
Una calda giornata estiva nonché festiva, soprattutto se trascorsa a prendere il sole, non è certo ottimale per la lettura di Sull’embrione di Emanuele Severino, al massimo che si può arrivare è La differenza Cristiana di Enzo Bianchi, ma per mezz’ora al massimo. E per il resto della giornata cosa si legge?
Un quotidiano, è ovvio. Meglio se ricco di cronaca locale: meno impegnativa e raccontata con maggiore partecipazione.

Come supplemento, non si capisce quanto gratuito ma comunque obbligatorio, al quotidiano locale c’è anche un noto settimanale a diffusione nazionale, di quelli che una volta si chiamavano rotocalchi, ricchi di cronaca spicciola e indecente. Se ne potrebbe, e vorrebbe, fare a meno, ma l’edicolante con gesto veloce lo infila tra le pagine del giornale. Continua a leggere “Fenomenologia del pettegolezzo”

Lettere e letture

È un fenomeno abbastanza noto, eppure non cessa mai di stupire: quando si legge un testo, l’occhio guarda soltanto una parte delle lettere e delle parole. Il resto viene ricostruito: leggere una parola significa più che altro dedurla.
Il sistema funziona egregiamente: la lettura è veloce ed affidabile. Per rendersene conto è sufficiente confrontare la lettura, magari a voce alta, di un testo in una lingua conosciuta con uno in una lingua sconosciuta o, ancora meglio, con parole perfettamente leggibili ma prive di senso: sutialva anetrosi onciltovi sganfolinto labufatriacce tomsiunga. Continua a leggere “Lettere e letture”

Una (terza) piccola proposta sui referendum

Il referendum è uno strumento democratico molto particolare: la popolazione ha la possibilità di esprimersi direttamente, senza la mediazione dei rappresentanti. È, allo stesso tempo, il trionfo e il fallimento della democrazia: trionfo perché non c’è nulla di più democratico di una scelta che coinvolge tutti e nella quale ogni singolo voto ha la stessa importanza di tutti gli altri; fallimento perché l’interesse dimostrato per questo importante evento è, solitamente, scarso e di dubbia qualità.

Criticare il referendum è una attività pericolosa, come giustamente osserva Massimo Adinolfi su Left Wing: le fondamenta della consultazione popolare sono le stesse della democrazia, e se non si è più che cauti si rischia di predicare il ritorno ad un regime aristocratico.
Molto meglio proporre piccole, magari irrealizzabili, riforme. Si è già iniziato tempo fa, con due semplici proposte. È il momento di aggiungerne una terza. Continua a leggere “Una (terza) piccola proposta sui referendum”

Lost in translation 2

Il cuculo è un uccello particolare: non ha un proprio nido e depone quindi l’uovo all’interno del nido degli altri uccelli. Il piccolo del cuculo, una volta nato, si sbarazza dei fratellastri e riesce ad ingannare i genitori adottivi che lo nutrono amorevolmente.
In inglese, cuculo (cuckoo) indica anche una persona pazza, e questo spiega perché Ken Kesey, nel 1962, intitolò il romanzo ispirato alla sua esperienza, come operatore, in un ospedale psichiatrico Qualcuno volò sul nido del cuculo (in inglese One Flew Over the Cuckoo’s Nest). Continua a leggere “Lost in translation 2”