E se invece che per dei politici votassimo per un’intelligenza artificiale?

La campagna elettorale italiana prosegue tra slogan, manifesti, discorsi, comizi, programmi, interviste e altro che probabilmente – e forse fortunatamente – mi sfugge.

Nel complesso sono abbastanza scorato e non tanto, o comunque non solo, perché il partito e lo schieramento dati per vincitori – il centrodestra con Fratelli d’Italia – sono molto lontani dalla mia visione del mondo: rientra tra le regole del gioco democratico, che si possa perdere. No, il punto per me un altro: il disorientamento nel capire cosa faranno, o proveranno a fare, le persone una volta elette, in parlamento o eventualmente al governo.

In teoria per quello dovremmo avere i programmi elettorali, ma sono una versione diluita degli slogan che troviamo sui manifesti e nei discorsi: affermazioni generiche che è difficile capire come si potrebbero tradurre in proposte concrete (sulle quali comunque si dovrebbe arrivare a compromessi con altre forze politiche oltre che a fare i conti con la realtà di accordi internazionali e coperture finanziarie).
Quella che abbiamo è una visione del mondo che non necessariamente è quella dei candidati: più facile che sia quella che i candidati reputano essere la visione del mondo del loto elettorato o meglio di quella parte del loro elettorato sulla quale è importante puntare.

Certo, di novizi della politica non ce ne sono per cui, se si è seguita un po’ la cronaca degli ultimi anni, c’è un lungo elenco di precedenti sui quali basarsi ma è proprio la cronaca politica mostrare notevoli mutamenti di – chiamiamolo così – “temperamento politico”.

Avete presente quei test che, in base alle risposte a domande tipo “sei favorevole alla legalizzazione delle droghe leggere?” o “vuoi la flat tax?”, indicano quali sono i partiti più vicini? Ecco, forse collocano bene, nell’ipotetico spazio politico, chi fa il test; il problema è la posizione dei partiti che è molto indicativa.

Da qui l’idea di una modesta proposta, sulla scia di quella ben più illustre di Jonathan Swift. Come noto, la sua proposta – contenuta in un libretto satirico del 1729 – prevedeva di risolvere il problema della sovrappopolazione mettendo all’ingrasso i bambini dei poveri irlandesi per venderli ai ricchi inglesi. Io propongo invece di votare non per dei politici, ma per delle intelligenze artificiali.

Una modesta proposta per impedire che i politici siano di peso per i loro elettori o per il Paese

Primo passaggio: si investono dei soldi per la realizzazione di un sistema esperto che scriva leggi e decreti. Questa intelligenza artificiale deve non solo tenere conto di come è fatto un testo giuridico, ma anche di quali sono le conseguenze economiche e sociali. Soprattutto, deve essere in grado di valutare ogni decisione in base ad alcuni valori di riferimento (alla sua creazione dovranno quindi lavorare anche esperti di scienze sociali), cose tipo la tutela dell’ambiente, la libertà individuale, la distribuzione della ricchezza, l’autonomia delle regioni eccetera.

Secondo passaggio: istituire una commissione di esperti che vagli le decisioni dell’intelligenza artificiale. Una sorta di corte costituzionale che verifichi ad esempio il rispetto di diritti fondamentali: magari incarcerare tutte le persone dai capelli rossi – chissà perché si prende sempre questo esempio? – aumenta di dieci volte il benessere collettivo e riduce l’inquinamento, ma non è comunque il caso di farlo.

Terzo passaggio: sostituire le elezioni con un questionario sui valori di riferimento identificati al punto 1. Come quei test che ti dicono che sei all’80% del partito X e al 68% del partito Y, ma più dettagliato, eventualmente proponendo anche qualche scenario ipotetico per valutare le priorità.

Quarto e ultimo passaggio. I risultati vengono poi aggregati e forniti all’intelligenza artificiale che, in base alle priorità e alla sua conoscenza, decide quali leggi cambiare, dove servono più risorse eccetera. Se ad esempio risulta che le disuguaglianze di genere sono un tema da affrontare, l’intelligenza artificiale potrebbe ad esempio decidere di imporre procedure di assunzione “al buio”, in cui fino alla fine non si conosce il genere dell’aspirante dipendente – sempre che la misura risulti efficace e la libertà economica non sia risultata prioritaria.

Possibili obiezioni

Ce ne sono tantissime, a iniziare dalla concreta possibilità che l’intelligenza artificiale venga sviata con informazioni di parte. Se le forniamo studi farlocchi sul clima, potrebbe imporre di aumentare le emissioni di gas serra per far fronte a un’imminente era glaciale.
C’è poi il rischio che la propaganda politica semplicemente si sposti sul questionario.

Ma la situazione sarebbe davvero peggiore di quella attuale?

Aggiornamento del 25 settembre 2022

Mi ero dimenticato di aver già ragionato, nel 2008, su questi test

Da qui l’idea: eliminare le schede elettorali attualmente in uso e sostituirle con un veloce questionario di un ventina di domande, dividendo il proprio voto tra i partiti in base alla distanza ottenuta.

I libri cartacei e la biblioteca digitale

Trovo gli ebook estremamente comodi e, se penso agli ultimi miei acquisti librari, direi che un buon 90% è composta da libri elettronici.
Certo a volte è un casino districarsi tra formati e software di protezione e c’è sempre quell’incubo orwelliano che potrebbero cancellarmi da remoto la mia intera biblioteca digitale – ma tutto viene superato dalla comodità di leggere un libro pochi minuti dopo averlo acquistato, poter regolare la grandezza dei caratteri in base alla luce e alla stanchezza, avere accesso a centinaia di volumi in pochi grammi.

Tra i vantaggi degli ebook ho sempre inserito anche la ricerca: quali sono le parole esatte pronunciate da Gandalf quando affronta il Balrog? Bastano pochi clic ed ecco la risposta (nella nuova traduzione di Ottavio Fatica):

Io sono un servitore del Fuoco Segreto e reggo la fiamma di Anor. Non puoi passare. A nulla ti servirà il fuoco oscuro, fiamma di Udûn. Torna nell’Ombra! Non puoi passare.

E questa era facile – si sa che Gandalf muore verso la fine della Compagnia dell’anello –, figurati quando hai un’espressione che non sei sicuro in quale parte è stata inserita, o addirittura in quale libro.

Eppure stasera volevo recuperare una frase, letta anni fa, sul fatto che anche chi sostiene posizione anarchiche può impegnarsi per migliorare le leggi dello Stato, una cosa tipo “si può sognare la Luna ben sapendo di vivere sulla Terra”. Sono sicuro che quella frase sia di un autore che conosco e così ho cercato il libro – un saggio sulla legalizzazione delle droghe – in cui verosimilmente era scritta. Mi sono riletto l’introduzione e le conclusione, oltre a qualche capitolo in mezzo ma niente. Mi è venuto in mente che forse la frase era scritta in un altro libro, sul matrimonio omosessuale: ho recuperato anche quello ma niente. Mi viene il dubbio che in realtà quella frase gliel’ho sentita pronunciare durante una presentazione (durante la quale magari qualcuno gli ha mosso questa obiezione).

In tutto questo ho perlustrato la libreria di casa, imbattendomi in un libro interessante letto anni fa e che adesso riproporrò a mio figlio – una volta finito Il Signore degli anelli – e ho rispolverato un po’ di argomenti a favore del matrimonio egualitario e della legalizzazione delle droghe.

Fossero stati ebook, avrei aperto i file, cercato “luna”, sbuffato per l’assenza di risultati e sarei passato ad altro.

Credo che Umberto Eco, in una delle sue Bustine di Minerva, avesse sottolineato con un esempio simile il valore di una biblioteca fisica e i problemi della sua sostituzione con una biblioteca digitale. Nei prossimi giorni dovrò prendere i libri di Eco e sfogliarli: anche se non ritroverò la citazione, sarà comunque un viaggio arricchente.

Come scaricare immagini da Instagram senza far ricorso a strani servizi

Ogni tanto mi capita di dover scaricare immagini da Instagram.

L’operazione è semplicissima: basta aggiungere

media/?size=l

all’url dell’immagine. Per cui (prendo una foto dal mio profilo)

https://www.instagram.com/p/CUZdI8yNFYu/

diventa

https://www.instagram.com/p/CUZdI8yNFYu/media/?size=l

che mostra la foto in quella che credo sia la dimensione massima che Instagram ha sui suoi server.

Scrivo tutto questo fondamentalmente come promemoria perché se fino a qualche mese fa trovavo facilmente la stringa “media/?size=l”, adesso è tutto un fiorire di siti che ti offrono questo servizio proponendo un sacco di pubblicità.

Una cosa tecnica, ma non troppo, sugli RSS

Un tempo qui era tutto RSS.
Dove con “qui” intendo internet e con RSS un protocollo semplice e aperto per condividere contenuti: dalle notizie di un giornale online ai post di un blog ad altri contenuti come i podcast. Tra le altre cose, i feed RSS permettevano alle persone di utilizzare gli strumenti preferiti per fruire e organizzare i contenuti.

Poi sono arrivati i social network – ma il discorso vale ad esempio per Spotifiy e Audible con i podcast in esclusiva – con protocolli chiusi e algoritmi.

Questo significa che se prima era una priorità, per un sito, avere gli RSS per i contenuti dinamici, adesso lo sono i pulsanti per condividere sui social media e sempre più spesso non ci sono più neanche, i feed ai quali iscriversi.

Mi è capitato recentemente di avere a che fare con un sito simile e, dal momento che mi serviva un sistema per essere costantemente aggiornato sui nuovi contenuti, ho trovato tre servizi che generano automaticamente un feed RSS partendo da una pagina web. Nella speranza che possano essere utili anche ad altri, li elenco qui di seguito:

  • FetchRSS. È il più semplice dei tre: carica la pagina e permette di selezionare i contenuti che si vogliono inserire nel feed; purtroppo la versione gratuita prevede solo 5 elementi e si aggiorna ogni 24 ore.
  • Feed Creator. Meno semplice del precedente (occorre indicare manualmente il codice html che deve cercare, ma poi riconosce in automatico gli elementi da importare), ha anche lui il limite di 5 elementi.
  • Feed43. Qui non basta indicare il codice html, ma bisogna proprio impostare come filtrare il testo. Una seccatura che però permette un maggior controllo su quel che finisce nel feed; inoltre la versione gratuita permette 10 elementi e si aggiorna ogni 6 ore.

Dopo aver litigato un po’ con i filtri di testo, ho optato per Feed43.

Aggiornamento

Come segnalato nei commenti, anche gli aggregatori Feedly e rss.app permettono – nella versione a pagamento – di creare dei feed RSS da un sito che non li prevede.

Note su #facebookdown

Fare a meno di Facebook

Ieri per qualche ora tutti i servizi di Facebook – quindi anche WhatsApp, Instagram e altre cose di cui ignoro l’esistenza – hanno smesso di funzionare.

A quanto pare, qualcuno – direi per errore, applicando il Rasoio di Hanlon – ha rimosso tutti i server di Facebook dai registri di internet: sistemare l’errore non è stato facile dal momento che l’azienda stessa si appoggia interamente ai propri servizi. Per cui non si potevano contattare le persone, i badge per entrare negli uffici non funzionavano eccetera.

Guarderò con molto piacere il film o la serie tv che spero presto qualcuno trarrà da questa vicenda; intanto qualche riflessione.
La più ovvia è: pensa sempre a un’alternativa. Questo non vale solo per chi gestisce l’infrastruttura di un’azienda, ma anche per gli utenti. Se qualcosa è importante – e gli strumenti di comunicazione per quanto frivoli possa essere il loro utilizzo sono importanti – pensa a un’alternativa
Una cosa meno ovvia è riflettere sulla fragilità di un sistema che si basa su pochi operatori “chiusi in sé stessi”. Confronta Facebook (o Twitter, o Slack, o Zoom, o Google Meets, o…) con le email: se il primo ha problemi, tutto si blocca; se il mio provider si blocca, io ho problemi a inviare e ricevere mail ma tutto il resto del mondo va avanti (e io posso tranquillamente comunicare con un altro indirizzo email).
Il fatto è che è molto più comodo e io stesso, per pigrizia, ho commentato questa cosa su Twitter anziché scrivere un articolo su questo sito.

Due o tre cose sull’app di tracciamento contatti

Avvertenza
Se siete finiti qui cercando informazioni tecniche sul funzionamento dell’app di tracciamento contatti che dovrebbe contrastare la diffusione del nuovo coronavirus SARS-CoV-2: mi spiace, ma siete nel posto sbagliato. Però vi segnalo due cose che ho trovato interessanti: la prima è una spiegazione a fumetti (di uno dei progetti in fase di sviluppo), il secondo è un articolo pubblicato dalla Electronic Frontier Foundation (qui in traduzione italiana).
Che cosa troverete qui di seguito? Semplicemente qualche riflessione generale e forse un po’ filosofica sulla famosa e un po’ famigerata app.

In breve: più che la privacy o la sicurezza, mi preoccupa che l’app venga percepita (dalle autorità e dalle persone) come la soluzione, invece di uno degli strumenti da usare. E molto si giocherà sugli incentivi (o le sanzioni).

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Colazione con Tiziano Ferro – o della musica che non ti aspetti

Ho fatto colazione al bar, stamattina. Da solo. E ho fatto un’esperienza strana – strana per essere il 2020, ma perfettamente normale qualche anno fa. Ho ascoltato musica che non avevo scelto.

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Lo stile del disgusto

Rabbia, disgusto, paura… è normale che atti coma la pedofilia suscitino emozioni forti.
È, o almeno dovrebbe essere, un po’ meno normale lasciarsi trasportare a queste emozioni, augurando le peggio cose a chi è anche solo sospettato di questi atti e auspicando la reintroduzione di torture e pena di morte. Ma si sa che capita, soprattutto sui social media, per cui non mi hanno stupito i vari “bestia!”, “buttare via la chiave” e “castrazione!!!” a corredo della notizia di un processo per atti sessuali con fanciulli (questo il reato secondo il codice penale svizzero).

Quello che mi ha stupito è la persona che ha deciso di manifestare il proprio disgusto con una gif animata presa da un reality show:

Stigma virtuale

A me dispiace, per quel ragazzo di cui non ricordo il nome intervistato da non so quale emittente dopo i disordini di Milano. 1
Dispiace non perché penso che sia innocente o un bravo ragazzo. Semplicemente, penso non meriti tutto quello che gli accadrà. E gliene accadranno, di cose.
E anche a lungo. Molto a lungo, perché i giornali che hanno riportato il suo nome non finiranno semidimenticati in qualche emeroteca come in passato, ma rimarranno accessibili come se fossero stati scritti ieri. Accessibili in tutto il mondo: pure al polo sud, i pinguini con lo smartphone potranno scoprire le sue gesta. Continua a leggere “Stigma virtuale”

  1. In realtà lo so, il nome dell’emittente, e pure quello del ragazzo. E anche se non li sapessi, basterebbe una breve ricerca online per trovarli. Ma non voglio.[]

Aperti in sé stessi

È una di quelle espressioni in grado di abbattere la mia voglia di proseguire la lettura di un testo: appena leggo che le persone con lo smartphone sono “chiuse in sé stesse” ho l’impulso di lasciar perdere il resto; se poi queste persone “non si rendono conto della realtà che le circonda”, resistere è quasi impossibile. Continua a leggere “Aperti in sé stessi”