Sentire-come

È un giochino molto affascinante: due suoni puri, se hanno frequenza doppia l’uno dell’altro, vengono percepiti come un unico suono; tuttavia se uno dei due suoni viene interrotto per alcuni secondi, il cervello riesce a separare i due suoni. Continua a leggere “Sentire-come”

Invadere la Polonia

Se ascolto Wagner troppo a lungo, mi viene voglia di invadere la Polonia.

La battuta è di Woody Allen ed è, secondo me, una gran bella battuta. Forse un po’ ingiusta nei confronti del compositore tedesco, ma alle battute non si chiede imparzialità e obiettività.

Sarebbe un grave errore prendere sul serio questa battuta e chiedersi quale opera, di preciso, possa invogliare all’invasione del baltico. E sarebbe un errore altrettanto grave chiedersi se questa accusa non possa essere rivolta anche ad altri compositori.

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Popolo di Pechino!

La Turandot, l’opera incompiuta di Giacomo Puccini, su libretto di Giuseppe Adami e Renato Simoni, inizia così:

Popolo di Pekino! La legge è questa:
Turandot la Pura sposa sarà di chi,
di sangue regio,
spieghi i tre enigmi ch’ella proporrà.
Ma chi affronta il cimento
e vinto resta porga alla scure la superba testa!

La legge, quindi, prevede due cose: se una persona possiede un titolo nobiliare (di sangue regio) e riesce a risolvere tre indovinelli (spieghi i tre enigmi) può sposare la figlia dell’imperatore, Turandot (Turandot la Pura sposa sarà); se fallisce, invece, verrà decapitato (porga alla scure la superba testa).
Non sembrano essere ammesse deroghe: l’opera prosegue con la decapitazione del principe di Persia. Continua a leggere “Popolo di Pechino!”

Sinestesie

Ieri sera, tra Genova e Milano, sono riuscito, gallerie e interferenze permettendo, a sentire almeno una parte della Sinfonia n. 9 di Beethoven diretta da Eliahu Inbal.

Ascoltare la musica e vedere una trafficata autostrada non è una esperienza molto coerente e rilassante, ma le alternative, a parte assistere al concerto sperando di trovare dei posti decenti, sono scarse: le riprese video dei concerti sono, per me, una delle cose più noiose da seguire.

Finito il concerto mi sono chiesto se è possibile rendere visivamente l’esperienza musicale. Questa mattina, per puro caso, mi sono imbattuto in questo video, molto simile a quello che avevo immaginato ieri sera.

Contesti musicali

Un mio piccolo sfogo è stato ottimamente commentato e ripreso da Weissbach, che solleva il problema del contesto:

Ci sarebbe anche da discutere sul fatto che noi ci permettiamo di ascoltare il Messia di Haendel o l’ottava di Mahler mentre siamo in tangenziale o in coda all’USL.
Quest’uso è assolutamente astruso da quanto previsto dall’autore e dai fruitori originali.

Händel, morto nel 1759, non conosceva certo le automobili e le tangenziali, figuriamoci l’autoradio e l’iPod! D’altra parte, non conosceva neppure la radio e i dischi: per lui era imprevisto e imprevedibile non tanto la tangenziale, ma qualsiasi luogo che non fosse una sala da concerto!
Il discorso si può estendere: una sala da concerto moderna, pensiamo alla Philharmonie di Berlino progettata da Hans Scharoun, è qualcosa di inimmaginabile per Händel.

È ovvio che un iPod sia comunque più distante dal pensiero di Händel della Philharmonie di Berlino, eppure occorre tenere presente che in entrambi i casi non è possibile tornare indietro nel tempo: siamo oramai nel XXI secolo, possiamo ascoltare e apprezzare la musica di Händel (e le poesia di Dante o i dialoghi di Platone), senza dimenticare che in ogni caso tradiremo l’autore.

Inquietudini musicali

Il mio iPod ospita un numero notevole di brani di musica classica: sinfonie, concerti, opere, sonate per pianoforte e così via.
Ho impostato la riproduzione casuale per brani e non per album: ciò significa che l’iPod, invece di proporre, ad esempio, l’intera Sinfonia n. 5 di Beethoven, dal primo all’ultimo movimento, sceglie, casualmente, il terzo movimento per poi passare alla marcia funebre di Sigfrido (dal Crepuscolo degli dei di Wagner) o a un coro del Passione secondo San Matteo di J. S. Bach.

Ho lasciato così l’iPod per una settimana. Oggi ho impostato nuovamente la riproduzione casuale per album: ha scelto il Messiah di Händel, dall’inizio alla fine. Poi è passato a una sonata per pianoforte di Beethoven: tutti e quattro i movimenti, uno di seguito all’altro. Infine la Sinfonia n. 5 di Čajkovskij.

L’ascolto isolato dei singoli movimenti mi lasciava insoddisfatto e, in alcuni casi, persino nervoso. L’ascolto dell’intera composizione, invece, mi rasserena.
C’era qualcosa di incompleto nei singoli brani: il discorso non si concludeva, rimaneva incompiuto.

Quello che mi chiedo è come mai alcune trasmissioni radiofoniche facciano la stessa operazione del mio iPod: proporre l’ascolto di un solo movimento, magari esaltandone la bellezza rispetto al resto della composizione.

Assente giustificato

Milano, fermata del tram.

Ludovico: Secondo me, il Don Giovanni è la migliore opera di Mozart

Passante: Come scusi?

Ludovico: Dicevo che secondo me il Don Giovanni è molto meglio delle Nozze di Figaro o del Flauto magico, senza nulla togliere a queste opere, ovviamente.

Passanteperplesso: Sì, certo. È ovvio.

Ludovico: Il merito comunque è sicuramente anche di Lorenzo Da Ponte, il librettista dell’opera. Continua a leggere “Assente giustificato”

Sempre lo stesso viaggio

Su Radio Feltrinelli, il podcast dell’omonima casa editrice, Umberto Galimberti propone La casa di psiche, una rubrica di ragionamenti sui problemi d’oggi con gli strumenti della filosofia (se la parola podcast risulta incomprensibile, non si può che rimandare a wikipedia).

Continua a leggere “Sempre lo stesso viaggio”

Gustav Holst aveva ragione!

Gustav Holst (1874 - 1934)Gustav Holst è un compositore inglese tardo romantico nato nel 1874 e morto nel 1934.
La più conosciuta tra le sue musiche è, molto probabilmente, I pianeti (The Planets op. 32) composto tra il 1914 e il 1916.
Ad ogni pianeta, terra esclusa, è dedicato un brano:

  • Marte, il donatore di guerra (Mars, the Bringer of War);
  • Venere, la donatrice di pace (Venus, the Bringer of Peace);
  • Mercurio, il messaggero alato (Mercury, the Winged Messenger);
  • Giove, il donatore di gioia (Jupiter, the Bringer of Jollity);
  • Saturno, il donatore di vecchiaia (Saturn, the Bringer of Old Age);
  • Urano, il mago (Uranus, the Magician);
  • Nettuno, il mistico (Neptune, the Mystic).

Come si vede, manca Plutone: il famoso nono pianeta venne scoperto il 18 febbraio 1930. Holst avrebbe potuto aggiungere un brano per aggiornare la composizione, ma non lo fece: probabilmente considerava l’opera conclusa, ed in effetti i titoli dei brani lasciano intravedere un cammino, un percorso che inizia dalla guerra e finisce, passando per la pace e la gioia, con la vecchiaia, la magia e il mistico. Dopo, è abbastanza chiaro, non può esserci nulla, e l’arte può permettersi di ignorare la scienza.

Nel 2006, oltre novanta anni la composizione de I Pianeti, è sorprendentemente la scienza ad adeguarsi all’arte: Plutone non è un pianeta.
Non so quanti, tra i 2500 astronomi riuniti a Praga per discutere delle squisitamente nominalista definizione del termine pianeta, conoscano Gustav Holst. Rimane il fatto che aveva ragione lui: Nettuno è l’ultimo pianeta.