Repetita iuvant

Una persona che ripete tre volte la stessa opinione in un gruppo ha lo stesso effetto di tre persone che esprimono nel gruppo la stessa opinione.

James Garvin sul blog talkingphilosophy, il blog della rivista The Philosophers’ Magazine diretta da Julian Baggini. La frase è stata segnalata e tradotta in italiano da Filter su La frase migliore che ho letto oggi.

A parte la facile battuta di smentire questa ricerca ripetendo in continuazione “non è vero”, è interessante che Garvin colleghi questo comportamento umano con quello della vespa scavatrice.

La vespa scavatrice, dopo aver paralizzato la preda e averla trasportata fino all’entrata del nido, la abbandona lì fuori per controllare che nel nido sia tutto posto, poi esce e trasporta finalmente la preda all’interno per mangiarsela. Un comportamento indubbiamente intelligente: non avendo installato un antifurto, è cosa saggia verificare la sicurezza del nido prima di entrarvi con il prezioso carico.
I ricercatori hanno però scoperto che questo atteggiamento tanto intelligente non è. Se, mentre la vespa sta effettuando il giro di ispezione, la preda viene leggermente spostata, il giochino riprende infatti da capo: la vespa trascina nuovamente la preda fino all’entrata del nido ed effettua un altro giro di ispezione.
Dei ricercatori particolarmente sadici potrebbero passare così le ore.

Verosimilmente, l’evoluzione ha selezionato le vespe prudenti ma non quelle intelligenti: entomologi a parte, difficilmente la preda si sposta durante la ricognizione, e così un comportamento stupido e meccanico risulta comunque vincente.

Secondo Garvin lo stesso accade con l’uomo: ascoltare le opinioni degli altri è giusto, e l’opinione sostenuta da molte persone è probabilmente più sensata di quella sostenuta da una persona soltanto. Il meccanismo selezionato sembra però contare le singole asserzioni, non i sostenitori.

Comunque, non è vero.

Secondo me non è vero.

Dubito fortemente che le cose stiano in questo modo.

Aggiornamento

Julian Baggini si interroga su questo strano processo di “assuefazione della ripetizione” e la diffusione dei meme (il meme sta alla evoluzione culturale come il gene a quella biologica).
Un meme, in effetti, potrebbe diffondersi non in quanto buono ma semplicemente in quanto ripetuto diverse volte. Questo confermerebbe anche sul piano culturale una delle conseguenze dell’evoluzionismo darwiniano: “evoluzione” non significa “progresso”. Purtroppo.