Come mentire con le statistiche – Facebook edition

How to Lie with Statistics è un bellissimo libro di Darrell Huff – tradotto anche in italiano, ma non so quanto facile sia trovarlo – su come distorcere le informazioni attraverso dati statistici.

Un piccolo esempio lo fornisce Facebook in un comunicato stampa sugli sforzi intrapresi dal social media per una corretta informazione sul nuovo coronavirus.

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Come Facebook può influenzare le elezioni. E senza fake news

fishing-1081734_1920Il dibattito su politica e social network è tutto concentrato sulle fake news,1 ma mi è venuto in mente un altro sistema – estremamente banale – con cui Facebook (e probabilmente anche Twitter e Google) potrebbero influenzare il risultato delle prossime elezioni. E questo senza manipolare le opinioni, senza spostare gli utenti un po’ più a destra o a sinistra – oppure sopra o sotto, visto che ormai vanno di moda i grafici politici bidimensionali – proponendo contenuti ad hoc, veri o falsi che siano. Continua a leggere “Come Facebook può influenzare le elezioni. E senza fake news”

  1. Sì, lo so: ‘fake news’ è ormai una parola improponibile, da quanto è abusata. []

This girl is taken

Facebook conosce molte cose di me. Alcune informazioni le ho fornite io direttamente, altre le ha ricavate indirettamente “unendo i puntini”.
Queste informazioni hanno un valore che probabilmente non sono in grado di valutare correttamente – e infatti mi sembra equo dare queste informazioni in cambio di un potente strumento di comunicazione, ma ho il sospetto che lo scambio non sia affatto equo.

A ogni modo, queste informazioni vengono sfruttate anche per propormi l’acquisto di prodotti “su misura”. E visto che mi guadagno da vivere scrivendo su un quotidiano, spesso mi imbatto in tazze o felpe che esaltano la professione di giornalista. L’ultima offerta che mi sono trovato è per questa maglietta, immagino da regalare alla mia moglie/compagna:

Suppongo che il sistema abbia controllato che io non sia single od omosessuale. Non si è invece accorto che trovo quella scritta vagamente offensiva, non tanto per l’idea di “marchiare” una persona evidenziando la sua relazione affettiva, piuttosto per l’idea che questa relazione sia questione di “essere preso”, quasi fossero mele in vendita al mercato.

È questione di sensibilità personale: non dico che quella maglietta sia oggettivamete offensiva o sessista; dico che io la trovo così. E visto che me la ritrovo su Facebook – che a suo modo è uno spazio personale –, trovo la cosa fastidiosa.
Insomma, se vuoi fare la pubblicità mirata e personalizzata, falla bene. Altrimenti mi arrabbio.

L’estinto nelle reti sociali

Il titolare di questo sito è moderatamente attivo su diversi social network (i dettagli li trovate sulla pagina Ego 2.0) sui quali quando ho tempo e voglia segnalo anche quello che viene scritto qui. Per mantenere le cose più ordinate – o forse solo più confuse, non so – ho deciso di creare un’identità sociale anche a L’estinto.
Potrei supplicare iscrizioni direttamente sui socialcosi in questione, ma visto che l’insieme dei miei amici e conoscenti non coincide con l’insieme dei lettori del blog, meglio segnalare qui le indicazioni per iscriversi, istruzioni che comunque si trovano anche in homepage nel menu di destra, subito sopra i tradizionali feed RSS

L’estinto, dunque, lo potete trovare pure su

Pubblico e privato ai tempi dei social network

Ieri sera ho seguito un interessante e deludente1 dibattito su spettacolarizzazione e mediatizzazione della giustizia.

Alcuni relatori hanno sottolineato come nella società contemporanea, che per semplicità di cose possiamo chiamare l’era dei socialcosi, sia sparita la distinzione tra pubblico e privato, perché tutto è pubblico e nessuno lava più i panni sporchi in casa ma lo fa su Facebook. Continua a leggere “Pubblico e privato ai tempi dei social network”

  1. Deludente perché cinque relatori più il dibattito con il pubblico in meno di due ore impongono interventi rapsodici e il risultato, alla fine, sono tanti spunti difficili da legare. Forse l’intenzione degli organizzatori era proprio quella, sollevare tante domande senza abbozzare neppure poche risposte, per cui la delusione è soggettiva. []

Centoquaranta caratteri, o del perché nella vita ci vogliono dei limiti

Twitter impone, per i suoi tweet, la lunghezza massima di 140 caratteri; Facebook, invece, non ha limiti.
Benché spesso sia difficile restare sotto i 140 caratteri, credo che il limite imposto da Twitter costringa a una maggior cura del testo – e delle idee, per quanto ciò non sia necessariamente vero – rispetto a Facebook. Continua a leggere “Centoquaranta caratteri, o del perché nella vita ci vogliono dei limiti”