Fenomenologia personale

Continua la diatriba sulla differenza, se vi è, tra essere umano e persona.

Chiara Lalli scrive:

Riguardo alle decisioni di inizio e di fine vita la distinzione fondamentale è tra “persone”e “esseri umani” (qui intendo: “non persone”). Le possibilità sono due:

  1. che gli esseri umani siano sempre anche persone;
  2. che gli esseri umani non siano sempre anche persone (e qui entrano in ballo i criteri per individuare l’emergenza o il dissolvimento dell’essere persona).

Io affronterei la questione da un punto di vista leggermente diverso (e più noioso).

In un articolo precedente, del quale questo scritto è da considerarsi la continuazione, avevo scritto: «Più in generale, se vogliamo ricondurre il concetto di persona a quello di uomo, o si dice che i due concetti sono sinonimi completi, e questo mi sembra difficilmente sostenibile, oppure si spiega perché l’uomo è per natura persona, senza dimenticarsi di spiegare l’imprescindibilità di questa natura». È forse il caso di approfondire il tema.

Concetti diversi

I concetti di persona e di uomo sono radicalmente diversi: sono due termini che appartengono a sfere semantica diverse.
Michelangelo, La creazione dell’uomo: due persone ma non due uomini Non è un caso se, nel diritto, si parla di persone giuridiche e se i teologi si riferisco alle tre ipostasi della trinità cristiana, il Padre, il Figlio e lo Spirito Santo, come persone. Eppure le associazioni non sono uomini, e lo stesso si può dire per la trinità (con la parziale eccezione del Figlio, ovviamente).

Persona è, secondo me, un termine sociale, nel senso che le condizioni di significato di questo concetto richiedono l’esistenza di una società o, comunque, di un altro con cui intrattenere una relazione.

Non intendo proporre una “ideologia basata sulla persona” (per usare una bella espressione di Ismael) e neppure sostenere che lo Spirito Santo sia persona nello stesso senso nel quale io sono persona.
Evidenzio solo un problema di significato: persona e essere umano sono concetti diversi, e pertanto occorre stabilire il tipo di connessione che lega i due concetti.

Connessioni

Ogni colore ha una superficie: non è possibile concepire un colore che non abbia una superficie o, meglio, una estensione spaziale. È questo un classico esempio della fenomenologia, utile per comprendere le possibili connessioni tra concetti distinti.

Secondo ufficiale DataDirei che, se non è possibile concepire un colore senza estensione, allora colore e estensione sono concettualmente connessi (il filosofo Giovanni Piana, autore del classico esempio di prima, parla appunto di “proposizioni sintetiche a priori“).
La connessione tra persona e uomo è dello stesso tipo? La risposta non può che essere negativa: Chiara Lalli concepisce la possibilità di esseri umani che non siano persone, per cui non si tratta di un pensiero impossibile (ovviamente supponendo che Chiara Lalli non abbia seri problemi cognitivi e non si comporti come L’uomo che scambiò sua moglie per un cappello magistralmente descritto da Oliver Sacks nell’omonimo libro).
In ogni caso, è possibile parlare di persone che non sono uomini: il secondo ufficiale Data di Star Trek: The Next Generation, ad esempio (anche qui supponendo che tutti i fan di Star Trek non soffrano dello stesso problema cognitivo di Chiara Lalli).

È quindi possibile (pensare) che un uomo non sia una persona, ad esempio in caso di morte cerebrale, ed è anche possibile (pensare) che una persona non sia un uomo, ad esempio il già citato secondo ufficiale Data, ma l’elenco è lungo.
La connessione tra i concetti di uomo e di persona deve quindi essere contingente. Rimane da capire se la contingenza è comunque di tipo concettuale oppure è fattuale ed empirica. In altre parole: è il concetto di uomo a rimandare, seppur non in maniera rigida e determinata, a quello di persona oppure, più banalmente, si è semplicemente osservato che gli uomini, di solito sono persone?

Diritti e doveri

Ismael, nel criticare la già accennata “ideologia basata sulla persona”, scrive:

Una tesi molto in voga presso i socialisti è quella secondo cui il diritto alla vita riguarderebbe la persona, non il semplice “individuo di specie umana”

Perry MasonNon mi sento socialista e neppure, orrore degli orrori, comunista. Non mi sento neppure liberale, o almeno non mi definirei tale senza prima aver discusso a lungo cosa sia la libertà. Non mi identifico neppure nella “ideologia basata sulla persona”. Però sostengo che il diritto alla vita, come tutti i diritti, riguarda solo le persone.

Un diritto rimanda necessariamente a un dovere, è impensabile un diritto senza un dovere. È quindi impensabile parlare di diritto alla vita non solo per embrioni, ma anche per animali e bambini. Non credo che sia molto socialista, ma mi chiedo: quale è il senso di affermare che un bambino ha diritto al nome o al gioco (articoli 7 e 31 della Convenzione ONU sui Diritti dell’Infanzia)?
Un neonato può forse andare in tribunale e denunciare il genitore che non ha registrato la sua nascita? Un bambino può forse manifestare perché non ha spazio per giocare? Vedete Perry Mason che si fa assumere da un gatto per difenderlo dai maltrattamenti subiti?

MorulaSia chiaro: non propongo certo lo smantellamento dell’UNICEF o la pratica della bollitura dei bambini (pratica questa in uso nei paesi del socialismo reale, secondo alcuni). Semplicemente mi sembra più corretto usare termini come tutela, responsabilità o rispetto. Direi che si devono tutelare la natura, gli animali, i bambini, gli embrioni e persino i defunti. Senza parlare di diritti e senza pensare che una morula sia una persona.

17 commenti su “Fenomenologia personale

  1. Bene, ammettiamo una differenza tra persona e uomo.
    In realtà a presupporla ardentemente sono specialmente quei discorsi di bioetica, un po’ confusi, fatti da specialisti di scienze diverse dalla filosofia: poiché vogliono ridurre l’etica a altre discipline o trattarla in esse, ammettono un dualismo di ambiti. Altrimenti che riduzione o passaggio da A a B sarebbe?
    E giacché anche loro studiano l’ “essere umano” in senso lato ma non trovano mai sotto il microscopio o in uno studio etologico un problema etico, ci devono essere almeno due diversi aspetti di questo “essere umano”. Sia quindi “persona”, coerentemente a queste premesse, il nome generico per l’aspetto etico dell’ “essere umano”.
    La parte del post che inizia con “La risposta non può che essere negativa” non mi pare reggere.
    Io posso benissimo pensare a un colore senza estensione, come tutti i fenomenologi ammettono, cioè pensare al concetto. Ma non posso IMMAGINARLO…( E il colore con la sua struttura si vede o si immagina, la persona no. Nessuno sostenitore delle teorie fenomenologiche sulla persona ha mai pensato di metterli tutt’e due sul piano della percezione- allora perché presupporlo nell’argomento? )
    Ma il concetto non corrisponde ad alcuna essenza, di cui mi par di capire ammetti l’esistenza: è concetto DEGENERE. Piana distingue chiaramente tra piano eidetico, cioè delle essenze, e piano categoriale, cioè dei concetti, dove possiamo costruire elefanti sonori e colori con la proboscide.
    Già Frege aveva notato che possiamo pensare-pscicologicamente-a e parlare-di oggetti inverificabili e assurdi, ma certo non prendeva ciò come la confutazione dell’esistenza del “pensiero”, del “Gedanke” di quegli oggetti di cui pensiamo sciocchezze: non diceva “Vista questa sciocchezza ppensabile, sull’esistenza dei Gedanken non possiamo che rispondere negativamente”.
    Condivido parte di quello che scrivi sulla differenza della persona dall’uomo( ma non tra uomo e persona ), ma a ben vedere il carattere contingente del legame segue solo da un banale presupposto: tu prendi un concetto al posto di un’essenza, pur sotto altro nome, e poi mostri che quel concetto è contingente… Ovvio! I soli concetti non contingenti sono tautologie o contraddizioni.
    Riguardo al fatto che la persona è essenzialmente sociale, beh sono d’accordo se l’essenza suona: “Un uomo è una persona e per necesità essenziale, se ci sono altre persone, esso è sociale”. Quindi capace di socialità, “sociabile”. E’ la medesima distinzione kantiana tra rationalis e rationabilis… solo qualche opinionista da terza pagina pensa davvero che l’uomo( o persona ) sia rationalis, cioè o che è sempre razionale o che il fatto che non lo sia sempre confuta questa definizione o che quando non lo è non è un uomo o persona.
    E che l’uomo sia sempre sociale- e non solo sociabile- quando lo osserviamo dipende dal fatto che… c’è anche l’osservatore!!! e quindi non è da solo!
    Cosa ti permette di passare dall’OSSERVARE che una persona esiste sempre in una società e che il suo esser persona dipende dalla società?
    Mi sfugge la giustificazione del legame causale…
    ciao! 🙂

  2. Hm… Forse ho esagerato nella forma e nel contenuto, oltre che nella lunghezza.
    Non volevo essere né aggressivo né polemico.
    Lascia stare…
    ciao, eno! :-‘

  3. Bene, ammettiamo una differenza tra persona e uomo.
    n realtà a presupporla ardentemente sono specialmente quei discorsi di bioetica…

    No. I discorsi di bioetica (confusi o no) partono da questa differenza per trarne alcune conseguenze etiche, cosa che io mi sono astenuto dal fare. Ma la differenza c’è: sono concetti diversi, per quanto spesso usati come sinonimi. Ripeto: si parla di personalità giuridiche, non di umanità giuridiche (?).

    Io posso benissimo pensare a un colore senza estensione

    Giusto. Ho scritto (per superficialità) una fesseria, e infatti se non potessi pensare l’uno senza l’altro non avrei sue concetti connessi, ma lo stesso concetto. Sostituiamo “pensare” con “immaginare”.

    tu prendi un concetto al posto di un’essenza, pur sotto altro nome, e poi mostri che quel concetto è contingente

    No, non mostro che il concetto è contingente (come dici tu, banale). Mostro che la connessione tra due concetti è contingente, il che è diverso. Colore e superficie sono concetti distinti ma necessariamente connessi. Uomo e persona no.
    È vero che passo con estrema disinvoltura dai concetti alle essenze. È un mio vizio: c’è chi fuma, chi si mangia le unghie e chi sistematicamente passa dalla gnoseologia all’ontologia, dal piano categoriale a quello eidetico.

    Cosa ti permette di passare dall’OSSERVARE che una persona esiste sempre in una società e che il suo esser persona dipende dalla società?

    È il concetto stesso di persona a permettermelo: quando si parla di persona ci si riferisce a qualche relazione, quando si parla di uomo no. Ovviamente filtrando ad hoc le espressioni che considero improprie 😉

    Mi sfugge la giustificazione del legame causale…

    Non giustifico il legame causale. Lascio semplicemente la questione in sospeso: il legame non è necessario ma contingente, sul tipo di contingenza non dico nulla.

  4. Ultima nota.
    In realtà con “contingente” intendevo proprio “contingentemente legati”, e intendo proprio che non si può essere uomo senza essere persona, con un legame simile ma diverso da quello colore/estensione o tinta/luminosità, anche se non escludo che ci siano altri esseri viventi che siano persone… ma non li ho mai incontrati!
    Ma chiuso qui, perché sarebbe lungo argomentare.
    E non penso che si debba identificare personalità giuridica ed essere persona. Il concetto di personalità giuridica mi risulta essere storicamente più antico delle speculazioni sulla persona… quindi qualcuno potrebbe essere una persona- se si accetta il termine- senza godere di personalità giuridica.
    La coesistenza di Tizio persona/ personalità giuridica di Tizio, insomma, è CONTINGENTE… 😉

  5. Scusate la mia ignoranza, ma non mi sembra di aver capito granchè… 🙂
    Vorrei però esprimere una mia opinione personale. Penso che il punto della diatriba sia definire cosa sia un “uomo”, cosa sia una “persona”. La mia risposta, considerando i vari e vetusti dibattiti, è questa: mi sembra che ogni qualvolta si vogliano differenziare i due concetti venga fuori evidente l’associazione di “uomo” al suo statuto biologico e funzionale, ad alcune determinazioni fisico-scientifiche…i bioetici e, paradossalmente, i cattolici danno poi a queste determinazioni priorità ontologica.
    Quando invece si parla di “persona” vengono fuori innumerevoli determinazioni (sociologiche, qualitative…ecc). “Persona” sembra, per me, corrispondere a quella definizione Husserliana di “datità”, per sua natura “aperta”, nei suoi infiniti modi di “darsi”.
    Il problema è dunque ontologico.
    Per me, seguendo una metodologia fenomenologica, la definizione di uomo nel senso prima indicato è una determinazione possibbile di quella di “persona”, ma è errato dargli piorità ontologica…come sarebbe errato darla a qualsiasi altra determinazione. Mi sembra cioè che le scelte etiche vadano rivolte a determinati oggetti e non ad altri: dico di voler bene a mio padre e non ad un bipede di specie umana..non mi è mai capitato di pensarlo!..immaginate quante determinazioni, aspetti, potrei descrivere ed esaminare quando penso a cosa è un “padre”. Spero di essere stato compreso…aspetto commenti 😉

  6. FalcoQuasi tutte le questioni filosofiche si ritrovano sul confine tra ontologia e fenomenologia/gnoseologia.
    Secondo me i due aspetti coincidono, e infatti passo sempre con (troppa) disinvoltura da un piano all’altro.
    Persona è comunque sicuramente un termine aperto, e questo pone un grosso problema: bene o male tutte le persone, finora, sono anche esseri umani e viceversa, e per capire se uno era una persona bastava capire se era un essere umano. Adesso non è più così semplice.
    Servono comunque criteri condivisi: la convivenza civile non è semplice se uno pensa che l’embrione sia una persona e l’altro no…

    Ciao!

  7. Se posso…
    Sono d’accordo con Falco sul fatto che un essere umano, in senso biologico, non mi si dà mai in un atteggiamento quotidiano.
    Gianni per me è un amico, un vicino, un fratello… Porta su di sé questa serie di ruoli, così come di proprietà terziarie: è sconosciuto, familiare, inquietante…
    Possiede poi- “possiede”, non “è”- un’interiorità con cui mi relaziono pur non potendola oggettivare, e che io in qualche modo scorgo nella sua espressività corporea. Vedo le sue azioni e non solo movimenti del suo corpo.

    Questo fenomeno è del resto onnicomprensivo: si estende fino agli oggetti inerti.
    Io non vedo un oggetto solido, bianco e cilindrico davanti a me: vedo una tazzina e per di più vedo la mia tazzina preferita.
    La totalità del dato è ben più ricca di ciò che posso rilevare strumentalmente o della sua collocazione tassomica.
    Ma essendeo appunto così vasto, come potrebbe delimitare l’ambito etico o bioetico?

    E’ un buon punto di partenza quella osservazione, ma non è risolutiva. Alcune caratteristiche che esperiamo negli oggetti sono personali, altre sociali, altre oggettive; alcune sono prerogativa del mondo cosciente, altre no; alcune caratteristiche, come l’ammettere possesso, sono comuni ad oggetti e persone, ma generano conflitti etici, come per la schiavitù.
    Quali di queste proprietà che ci si danno sono determinanti in materia etica e di fondamenti del diritto? …posto sempre che sapere lo status di un ente non risolve di per sé nessun quesito bioetico
    ( Una persona, secondo alcuni, è un ente con una dignità, e quindi lo è anche la sua vita. Ciò però non ci dice nulla, di per sé, sulla legittima difesa, dove si può uccidere qualcuno malgrado sia una persona. Simili cose possono valere per l’aborto, che è un conflitto tra interessi e forse diritti tra madre e nascituro. )

    E’ certo importante distinguere i concetti di persona e uomo. Bisogna però sapere anche i loro nessi: sono logicamente distinti, ma possono a priori presentarsi separatamente?
    E se possono- cosa che non accade, a mio avviso -, conoscere la differenza tra i due concetti in condizioni standard non è già saper sceverare persone e semplici esseri umani in casi dubbi.
    Roba mica da nulla…

    Una cosa è però certa.
    Quando abbiamo da curare un uomo, non ci appelliamo alle nostre conoscenze sul corpo vissuto né lo consideriamo una persona, ma trattiamo l’homo sapiens sapiens davanti a noi.
    Se però dobbiamo decidere se è giusto curarlo o meno, le sue caratteristiche fisiche DA SOLE- come coscienza o razionailtà- non ci dicono nulla, perché l’ente fisico o biologico in sé stesso sfugge ad ogni giudizio etico.
    Dobbiamo risalire all’ente nella sua totalità.

    Aver presente questo non ci dà la risposta a qualche domanda, ma almeno fa piazza pulita di tante teorie antropologiche ed etiche fantasiose e poco attente alla realtà esperita.

    ciao!

  8. “Secondo me i due aspetti coincidono”
    non ho mai fatto cenno a “due” aspetti…. volevo solo far presente che per un fenomenologo non è assolutamente necessario ne utile ad alcunchè differenziare “uomo” da “persona”….io stesso ancora non capisco a che serve…sono due termini quotidianamente utilizzati come sinonimi, Husserl sottoscriverebbe l’inutilità di “fissare” una sfera semantica (immagina la reazione di Derrida ;-)) quando è evidente il suo essere (almeno per la fenomenologia) per sua stessa natura sempre “aperta”. A me sembra che l’associazione di “uomo” al suo statuto biologico e funzionale sia molto diffusa solo in questo tipo di dibattiti, ma per la fenomenologia anche questo ogetto trascendente è sempre essenzialmente incompleto, aperto ad accogliere sempre successive determinazioni…(perchè allora la scienza progredisce?).
    “per capire se uno era una persona bastava capire se era un essere umano. Adesso non è più così semplice.”
    non mi sembra di aver capito bene…cioè per capire se uno è una persona basta capire se è un essere umano? io intravedo una fallacia estensionalista in quest’espressione, cioè è come se dai priorità ontologica allo statuto biologico-funzionale. Quasi come se il problema dell’embrione è dovuto alle differenze biologico funzionali rispetto ad un adulto o un “nato”…ecco forse perchè dici “Adesso non è più così semplice.”

    “Servono comunque criteri condivisi: la convivenza civile non è semplice se uno pensa che l’embrione sia una persona e l’altro no…”
    Io invoco un importante criterio condiviso: la tolleranza. Tollerare chi la pensa diversamente…in questo caso ammetto che non è facile….

    Ciao!

  9. “Quali di queste proprietà che ci si danno sono determinanti in materia etica e di fondamenti del diritto?”
    Secondo me è impossibile trovare “le” proprietà determinanti una volta per tutte…(e se un giorno cambio idea?)…pensare di poterlo fare porta alla fallacia di cui sopra…qui devono venir fuori le differenti concezioni e visioni individuali, è qui che deve trovare spazio la tolleranza….Ma fatemi precisare: la mia idea di tolleranza presuppone comunque un limite! mi sembra che abbiamo a che fare con entità “non casualmente ma essenzialmente inesatte”

    Ciao!

    ps: scusate la mia inesperienza ma non riesco a “citare” come fate voi….come si fà? 🙂 🙂

  10. Troppi temi per commenti analitici.

    Essere umano e persona sono quotidianamente usati come sinonimi, e netti confini non se ne possono tracciare… ma ciò non significa che ci si debba accontentare del linguaggio quotidiano e che non sia possibile dire nulla sulle differenze tra questi due concetti.
    Fenomenologicamente, vi è una bella differenza tra il paziente di un chirurgo e il paziente di uno psicologo, pur essendo, ontologicamente, lo stesso uomo.
    Sono livelli di discorso diversi: un libro lo puoi giudicare per come è impaginato, per lo stile o per il contenuto, e lo stesso accade con gli uomini o le persone. Per sapere se uno scrittore ha un bello stile non ha senso controllare le legature del libro, similmente per questioni bioetiche non ha senso guardare l'”essere umano”, ma si deve guardare la persona, i suoi diritti, i suoi doveri, la sua capacità di provare sensazioni eccetera.

  11. A me sembra che si parli sempre di “diritti umani”.
    E’ inutile discutere su una questione di “significante”….E se io volessi usare indifferentemente (come tutti fanno) i termini uomo e persona per indicare in ogni particolare momento una a delle possibili determinazioni (dallo statuto fisico al suo essere cittadino ecc..)? Chi me lo impedisce? Non credo che qualcuno mi verrà a dire “attento, quando ti riferisci allo statuto fisico-biologico devi usare il termine uomo e non persona!”. Nel caso gli chiederei “altrimenti che succede?…quale statuto fisico?”. Non credo sarà questa distinzione semantica invocata in questi dibattiti a far cambiare idea a un riduzionista..serve molto di più!
    Ciao!

  12. Ps: una distinzione semantica che si preoccupa più del suo significante che di se stessa e che potrebbe comunque essere accettata dai riduzionisti come di fatto accade.

  13. Giusto per riprendere un attimo i fili della discussione: per determinare se X è un essere umano e non una scimmia (o una sedia), basta un esame del dna.
    Basta anche per capire se è una persona titolare di diritti e doveri? Secondo me no, e sono importanti altri fattori, ma secondo altri sì.

    Il riduzionismo, poi, è un altro discorso (chi sostiene l’esame del dna è curiosamente contrario al riduzionismo genetico e ad altri riduzionsmi).

  14. per determinare se X è un essere umano e non una scimmia (o una sedia), basta un esame del dna.

    non mi è mai capitato di determinare una “x”…cosa intendi?
    Chi ha mai sostenuto la necessità dell’esame del dna per capire se una persona è titolare di diritti e doveri? In quale occasione?
    Il riduzionismo lo intendo in senso più lato, i cattolici ad esempio lo diventano quando sembra fargli comodo, ed hai ragione a dire “curiosamente”.

  15. Chi ha mai sostenuto la necessità dell’esame del dna per capire se una persona è titolare di diritti e doveri?

    Non pensavo a te, ma ad altre persone che, parlando di diritti dell’embrione, coerentemente arrivano a questa equazione: DNA umano = diritti.
    È la versione genetica del salto ontologico, o scintilla divina, che separerebbe la specie umana dalle altre. Non basta la semantica contro questi riduzionismi, ma mi sembra già un buon inizio, no? 😉

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