Twitter, il mercato delle idee e quello pubblicitario

Dopo il cambio di proprietà gli inserzionisti stanno abbandonando Twitter. Una scelta compatibile con il modello del “libero mercato delle idee” che però solleva qualche preoccupazione.

Scopro, grazie a Paolo Attivissimo, che metà dei cento più importanti inserzionisti di Twitter non stanno più facendo pubblicità. Evidentemente le aziende non trovano interessante farsi pubblicità su Twitter dopo le novità introdotte, in maniera anche maldestra, da Elon Musk. Penso ai bollini blu, che certificavano l’identità degli account ufficiali e che improvvisamente sono stati aperti a tutti portando a una certa confusione. O alla riattivazione di diversi account sospesi per violazione delle regole, tra cui quello di Trump. Comprensibile che un’azienda voglia riconsiderare la propria presenza pubblicitaria sulla piattaforma. Il che non esclude, come denunciato dallo stesso Musk, che ci siano anche state pressioni da parte di alcuni movimenti.

Tutto questo rientra nel “libero mercato delle idee” che mi pare di capire sta alla base della concezione di Musk sulla libertà di espressione. Come la concorrenza e il mercato portano ad avere prodotti migliori, così il libero confronto delle opinioni porta ad avere le idee migliori. Quello che il modello del libero mercato delle idee non precisa è cosa si intenda con migliore. Parliamo di idee ben argomentate? Che indignano o divertono? Basate su fatti accertati?

In ogni caso, il libero mercato delle idee non vale solo all’interno di una piattaforma, ma anche tra piattaforme. Si sceglie quella in cui ci si trova meglio; io ad esempio sto guardando con un certo interesse Mastodon, e non sono il solo. E forse il libero mercato delle idee vale anche per gli inserzionisti: dopotutto non si limitano a comprare uno spazio pubblicitario neutro ma associano la propria immagine a quella di chi li ospita (e viceversa). Sulle riviste di astronomia non troviamo pubblicità di astrologi non solo perché sarebbero inserzioni inutili (gli appassionati di astronomia non credono agli oroscopi), ma anche perché dubito che gli uni vogliamo essere associati agli altri.
Insomma, se Musk vuole giocare al ”libero mercato delle idee” non può poi lamentarsi se a quel gioco rischia di perdere. Poi certo, accusare attivisti e aziende come Apple di tramare contro di lui, o addirittura contro la libertà di espressione, può essere utile per profilarsi verso una parte di pubblico. Il che spiegherebbe anche lo stile complottista di un tweet contro Apple nel quale si presenta come un segreto che finalmente Musk ha il coraggio di rivelare al mondo una cosa ben nota, la commissione del 30% sugli acquisti fatti su AppStore.

Ma se si accetta con riserva il modello del libero mercato delle idee? In quel caso c’è da essere un po’ preoccupati e per più di un motivo. Da una parte non è affatto semplice mettere in piedi un nuovo social network per cui quella concorrenza tra piattaforme è più una teoria, o una speranza, che una realtà. Pensare “tanto possiamo andare tutti da un’altra parte”, come il già citato Mastodon, è una consolazione molto parziale al peggioramento che sta avvenendo su Twitter.
Dall’altra parte la fuga degli inserzionisti mette in luce l’enorme potere che hanno le grandi aziende quando decidono dove fare pubblicità. Non è un problema nuovo e non riguarda solo i social network ma in generale tutti i media. E rimane un grosso problema anche se non abbiamo particolari simpatie per Musk e per la sua gestione dI Twitter.

L’estinto nelle reti sociali

Il titolare di questo sito è moderatamente attivo su diversi social network (i dettagli li trovate sulla pagina Ego 2.0) sui quali quando ho tempo e voglia segnalo anche quello che viene scritto qui. Per mantenere le cose più ordinate – o forse solo più confuse, non so – ho deciso di creare un’identità sociale anche a L’estinto.
Potrei supplicare iscrizioni direttamente sui socialcosi in questione, ma visto che l’insieme dei miei amici e conoscenti non coincide con l’insieme dei lettori del blog, meglio segnalare qui le indicazioni per iscriversi, istruzioni che comunque si trovano anche in homepage nel menu di destra, subito sopra i tradizionali feed RSS

L’estinto, dunque, lo potete trovare pure su

Pubblico e privato ai tempi dei social network

Ieri sera ho seguito un interessante e deludente1 dibattito su spettacolarizzazione e mediatizzazione della giustizia.

Alcuni relatori hanno sottolineato come nella società contemporanea, che per semplicità di cose possiamo chiamare l’era dei socialcosi, sia sparita la distinzione tra pubblico e privato, perché tutto è pubblico e nessuno lava più i panni sporchi in casa ma lo fa su Facebook. Continua a leggere “Pubblico e privato ai tempi dei social network”

  1. Deludente perché cinque relatori più il dibattito con il pubblico in meno di due ore impongono interventi rapsodici e il risultato, alla fine, sono tanti spunti difficili da legare. Forse l’intenzione degli organizzatori era proprio quella, sollevare tante domande senza abbozzare neppure poche risposte, per cui la delusione è soggettiva. []

Centoquaranta caratteri, o del perché nella vita ci vogliono dei limiti

Twitter impone, per i suoi tweet, la lunghezza massima di 140 caratteri; Facebook, invece, non ha limiti.
Benché spesso sia difficile restare sotto i 140 caratteri, credo che il limite imposto da Twitter costringa a una maggior cura del testo – e delle idee, per quanto ciò non sia necessariamente vero – rispetto a Facebook. Continua a leggere “Centoquaranta caratteri, o del perché nella vita ci vogliono dei limiti”