I limiti della censura cinematografica

Mi sono recentemente imbattuto in tre storie curiose di film che si sono dovuti adeguare a regole e consuetudini (per ora restiamo a questa formulazione generica)

Il primo caso riguarda il film Minions 2 – Come Gru diventa cattivissimo che in Cina ha un finale diverso: come riporta il New York Times, i produttori (oppure sono state direttamente le autorità cinesi, non è chiaro) hanno aggiunto un epilogo in cui si precisa che alla fine Gru diventa buono e mette su famiglia mentre un altro personaggio viene arrestato e condannato a vent’anni. Il primo punto è semplicemente un promemoria di quello che viene raccontato nei tre film della serie Cattivissimo Me, mentre la faccenda della “giusta punizione” del cattivo è originale.

Il secondo caso riguarda il film Fall che – lo spiega tra gli altri Wired – ha utilizzato la tecnologia Deepfake per togliere le troppe parolacce pronunciate dai protagonisti, volgarità che avrebbero imposto limitazioni troppo severe: così come inizialmente realizzato il film sarebbe stato classificato “R” (vietato ai minori di 17 anni non accompagnati), con la censura digitale ha ottenuto PG-13 (presenza di un adulto per gli spettatori con meno di 13 anni), guadagnano pubblico potenziale.

Il terzo caso riguarda invece un classico del cinema: Alien di Ridley Scott. Sigourney Weaver si sarebbe rifiutata di rasarsi il pube e, di nuovo per evitare restrizioni che penalizzassero gli incassi, si è provveduto a rimuovere i peli in postproduzione, fotogramma per fotogramma (era il 1979).

Non mi piace la censura: ritengo che una persona adulta debba essere libera di leggere/guardare/ascoltare/dire/condividere qualsiasi cosa. Certo ci sono dei “casi difficili” che possono arrivare a delle eccezioni: informazioni riservate (dalle password a documenti con dati sensibili o segreti militari e industriali), situazioni in cui le parole non sono semplici descrizioni ma portano ad azioni (il caso classico è gridare “al fuoco!” in un teatro affollato) o causano sofferenza (è il caso di insulti e discriminazioni); c’è poi il discorso dei “non adulti” e delle conseguenze collettive di azioni singole (cosa succede se tutti i librai decidono di non vendere un determinato libro?). Del resto i principi andrebbero sempre applicati con un po’ di ragionevolezza e buon senso.

Come giudicare quindi questi casi? Per quanto riguarda Alien e Fall, dal momento che si parla di limitazioni per i minori direi che il problema principale è la stupidità di una censura che diventa procedura burocratica e, invece di fare una valutazione complessiva dell’opera, si trasforma in lista di controllo: capezzoli sì/no, peli pubici sì/no, sangue sì/no, parolacce sì/no. Capisco che questo semplifica il lavoro dei censori, permette loro di meglio giustificare le decisioni e rende anche il giudizio prevedibile per i produttori (anche se non è avvenuto per Fall), ma un sistema simile mi pare comunque stupido perché porta a soffermarsi su dettagli e influenza il processo creativo. Negli archivi del sito ho ritrovato un piccolo esempio di quel che intendo con stupidità della censura burocratica.

Più interessante il caso di Minions 2. Potremmo pensare di avere a che fare con un caso di “adattamento internazionale”, come quando la Pixar ha sostituito, nella versione giapponese di Inside Out, i broccoli con i peperoni verdi. Il problema è che il cambiamento non è dovuto alla diversa sensibilità del pubblico che preferisce i broccoli ai peperoni o trova inaccettabile che un cattivo non venga punito: è l’imposizione di un’autorità che non vuole semplicemente assecondare una qualche sensibilità diffusa ma al contrario educare e moralizzare. Ma più che sull’ultimo punto – è usuale che le autorità facciano campagne sociali – insisterei sul primo: è una imposizione, una limitazione della libertà creativa, per quanto sotto forma di epilogo posticcio che si può benissimo ignorare, eventualmente uscito prima dalla sala. Questa operazione ha infatti il vantaggio di essere relativamente trasparente e tracciabile, il che è uno dei criteri secondo me più importanti di fronte a tutti gli interventi del genere. In questo caso è probabilmente a causa di imperizia, tanto che il New York Times ricorda i recenti casi di Fight Club di David Fincher con un finale completamente alterato e il film biografico Bohemian Rhapsody privati di ogni riferimento all’omosessualità di Freddie Mercury.

Direi che, dei tre casi presentati, quello cinese è il più preoccupante e certamente merita di essere definito “censura”, ma non sottovaluterei neanche gli altri due.

Il papa e la liberalizzazione delle droghe

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La piaga del narcotraffico, che favorisce violenza e semina dolore e morte, richiede un atto di coraggio di tutta la società. Non è con la liberalizzazione delle droghe, come si sa discutendo in varie parti dell’America Latina,che si potrà ridurre la diffusione e l’influenza della dipendenza chimica.

Così, secondo l’ANSA, si è espresso il papa in Brasile per la Giornata mondiale della gioventù.

Un consiglio: sul tema della liberalizzazione delle droghe, lasciate perdere il santo padre e leggete Perché l’antiproibizionismo è logico (e morale) di Persio Tincani.1

  1. Nella speranza che Persio mi rivolga ancora la parola dopo aver citato nella stessa frase lui e il papa. []

Differenze che non riesco a cogliere

Ci sono differenze che non riesco a cogliere. E questo mi fa sentire un po’ inadeguato.

La prima differenza che non colgo è tra uccidere delle persone tramite proiettili o bombe e ucciderle con delle armi chimiche. Sembra infatti che la seconda sia meno accettabile della prima e non capisco bene perché. Forse è questione di numero di morti o di dolore inflitto durante l’uccisione, non so.
Il mio stesso dubbio, relativo alla Siria, l’ha avuto anche Matt Bors:

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La seconda differenza riguarda i reati d’opinione.
Sembra che se l’opinione sia stata espressa su un social network l’arresto sia più grave. E non capisco bene perché: se essere arrestati per un’opinione è una cosa grave, lo dovrebbe essere indipendentemente dal mezzo con cui hai espresso la tua opinione.

Bastonate

Pare che un ricco cittadino degli USA abbia rinunciato alla cittadinanza statunitense in favore di quella di Singapore. Per pagare meno tasse.

Problemi di questo ricco signore e del fisco americano, direi; volendo prendere la cosa in termini generali, ci si possono vedere risvolti sulla percezione dei tributi, sul ruolo dello Stato eccetera, temi sui quali fare riflessioni anche interessanti. Continua a leggere “Bastonate”

Problemi libertari

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Io ho un po’ di problemi con l’oratoria libertaria.
Capisco – o almeno credo di capire, perché non mi sono mai dedicato seriamente al tema – il ragionamento complessivo, lo Stato come imposizione e sopruso, l’intervento statale come intromissione e limitazione dell’autonomia individuale eccetera. Le mie difficoltà riguardano i discorsi con cui queste teorie vengono presentate, discorsi che mi sembrano sempre deboli e poco convincenti, addirittura meno convincenti della semplice enunciazione della tesi.

Continua a leggere “Problemi libertari”

Che cosa è il libero arbitrio

Libero arbitrio. Libero arbitrio è la proprietà che il volere ha di trasformare un motivo possibile in uno efficace: è facoltà d’assenso, o avallo.

Roberta De Monticelli, L’ordine del cuore, Garzanti 2003, p. 142

Cristiani nel mondo

Appello PirelloneCaro Roberto Formigoni,
questa mattina ho perso il treno in stazione centrale a Milano. Altri treni in partenza da lì non ce n’erano, e così mi sono diretto, a piedi, verso la stazione del passante.
Ma non è per lamentarmi dei trasporti regionali che scrivo questa inutile lettera aperta (anche se, già che ci sono: fai qualcosa per la linea Milano-Chiasso che è un disastro!).
Quando mi ritrovo davanti alla stazione centrale, mi fermo sempre un attimo ad ammirare il Pirellone, che è proprio un gran bell’edificio. E così ho fatto anche questa mattina e ho notato, in mezzo alla facciata, una enorme scritta su sfondo rosso: “Salviamo la vita dei cristiani in Iraq e nel mondo”. Continua a leggere “Cristiani nel mondo”

Società civile

La casa editrice Laterza ha lanciato un appello a favore della libertà di stampa, con riferimento al contestato disegno di legge 1425 sule intercettazioni telefoniche.
Così si conclude l’appello:

Ancor più grave sarebbe poi l’effetto sulla società civile. Come chiarito dalla Corte europea dei diritti dell’uomo, la cronaca giudiziaria è essenziale in democrazia per consentire ai cittadini di verificare il corretto funzionamento della macchina della giustizia. Privati delle informazioni necessarie non potrebbero formarsi una opinione equilibrata sulla legittimità delle azioni intraprese dalla magistratura, come invece nei recenti casi sopra citati la cronaca giudiziaria ha consentito loro di fare.

È davvero essenziale, in una democrazia, poter conoscere i nomi di chi è stato condannato per un reato?
Giriamo la domanda: a caratterizzare la democrazia non è la possibilità, di tanto in tanto, di votare, ma la risoluzione dei conflitti tramite discussione. Discussione che deve essere informata: quindi sì, per una sana democrazia è essenziale avere accesso anche alla cronaca giudiziaria. Continua a leggere “Società civile”

La libertà del navigatore

Piccolo esperimento mentale:

Si immagini, a proposito di libero arbitrio, un computer. Può questo manufatto (o macchifatto) esprimere un qualcosa di simile alla libertà di scelta?

Fino ad oggi no, i computer non hanno qualcosa di simile alla libertà di scelta.
Anche perché, al di là delle difficoltà tecniche, non se è avuto il bisogno. Alla tecnologia non abbiamo chiesto libertà, ma deterministica certezza. Quando apro il programma di posta del mio mac, voglio che lui, con deterministica certezza, mi visualizzi le mail che devo leggere – non che decida, liberamente, di non mostrarmele perché secondo lui dovrei, al contrario, rilassarmi un po’ guardando alcuni filmati divertenti su YouTube. Continua a leggere “La libertà del navigatore”

Il richiamo del tribunale: la responsabilità è scritta nei geni

Luca Massaro chiede un parere su un recente articolo di Desmond Morris a proposito del tradimento maschile.
Il titolo dell’articolo è «Io perdono Tiger Wood» (in prima pagina) e «Il richiamo della foresta. Ecco perché i maschi sono destinati a tradire» (nelle pagine interne).

Secondo Morris l’uomo è naturalmente portato all’infedeltà perché questa era evolutivamente necessaria, almeno a piccole dosi; così troviamo scritta nei nostri geni la propensione al tradimento anche adesso che (pare di capire) sarebbe più utile la fedeltà.

Un ragionamento decisamente semplicistico. Troppo semplicistico, anche per un articolo di giornale. Continua a leggere “Il richiamo del tribunale: la responsabilità è scritta nei geni”